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Pubblicato inGenitori

Il parto distocico o complicato: di cosa si tratta

Il parto distocico o complicato è un tipo di parto che presenta difficoltà e che, per ragioni di diverso tipo, non può procedere come previsto. Vediamo in cosa consiste e come s’interviene.

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Il parto distocico o complicato è un parto difficoltoso che richiede un intervento ostetrico. Questa condizione può verificarsi per diverse ragioni, potenzialmente pericolose per la donna e il bambino.

Insieme alla dott. Mantuano, ginecologo del Santagostino, vediamo nello specifico cos’è il parto distocico, quali sono le cause, e quali soluzioni possono essere adottate. 

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Cosa vuole dire parto distocico?

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Per parto distocico o complicato s’intende un tipo di parto il cui espletamento è ostacolato e devia dal suo procedere fisiologico. Il termine deriva dal greco, ed è composto da “dys”: “mancanza, alterazione” e “tikto”: “partorisco”, e indica appunto un parto difficoltoso. 

Al contrario di quanto avviene in un parto eutocico o naturale, nel parto distocico possono verificarsi situazioni pericolose per la mamma e il bambino. Queste possono essere prevedibili o a insorgenza tardiva nel corso del travaglio e richiedono interventi di tipo medico e ostetrico, manuali o strumentali. 

Nello specifico con il termine distocia si indica un travaglio di parto e un parto anormale, ovvero una situazione che ostacola o impedisce il normale svolgimento del parto

Le distocie possono essere dovute a:

  • anomalie dell’apparato genitale materno
  • alterazioni delle contrazioni uterine
  • anomalie a carico del feto o del suo posizionamento
  • fattori psichici.

In particolare, è possibile distinguere tra:

  • distocie dinamiche, quando è presente un’alterazione della capacità dell’utero di contrarsi
  • distocia meccanica, quando il bambino non riesce a passare attraverso il canale del parto. 

Distocie dinamiche

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Nella distocia dinamica, l’utero si contrae con una frequenza o una forza anomale rispetto quelle richieste per facilitare la nascita del bambino. Questa situazione si riscontra soprattutto nelle donne che hanno già partorito più di una volta o in età avanzata.

Per monitorare l’andamento del travaglio di parto, tra gli altri, si utilizza il tracciato cardiotocografico, più semplicemente detto tracciato. Consiste in un esame indolore che fornisce diverse informazioni. 

Si pratica posizionando una specie di “cintura” sull’addome della donna per registrare vari parametri contemporaneamente, come le contrazioni uterine e i battiti cardiaci del feto, che sono un indicatore fondamentale del suo benessere. Questo test consente di valutare la frequenza e la forza delle contrazioni per individuare eventuali problemi e proporre il trattamento più adatto.

A seconda della situazione, possono essere adottate misure di supporto per la donna, come:

In casi particolari, potrebbe essere necessario rompere le membrane amniotiche, se questo non è ancora avvenuto. È possibile somministrare farmaci, inclusa l’ossitocina, un ormone prodotto naturalmente dall’organismo che aiuta a sostenere le contrazioni dell’utero nel caso in cui queste siano troppo deboli.

Distocia meccanica

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Per quanto riguarda le distocie dinamiche, si evidenziano diverse situazioni: 

  • l’arresto della discesa del feto
  • il prolungamento del travaglio per più di 12 ore, spesso associato alla diagnosi di insufficiente forza delle contrazioni uterine (inerzia uterina)
  • soprattutto, problematiche legate al peso e alla posizione del nascituro.

Queste ultime rappresentano alcune delle cause più comuni del parto difficoltoso e si suddividono in diverse categorie:

  • sproporzione feto pelvica: quando le dimensioni del feto superano quelle della pelvi materna. Il team medico, basandosi su esami accurati, decide se eseguire manovre per riposizionare il feto o optare per un parto cesareo
  • posizione podalica: il feto si presenta con la testa verso l’alto e i piedi in basso. Potrebbe anche assumere posizioni come le anche estese, le anche flesse o addirittura le anche e le ginocchia flesse. Anche in questo caso, è necessario valutare manovre di riposizionamento o un intervento cesareo
  • distocia di spalla: sebbene sia rara, si verifica quando il bambino si trova nella posizione corretta ma la spalla anteriore rimane bloccata, ostacolando il parto vaginale. Solitamente, la manovra di Wood è sufficiente per favorire il progresso del parto in questa situazione.

Distocia fetale

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Quando il bambino ha dimensioni considerevoli o si trova in una posizione che rende il parto difficile, si parla di distocia fetale. Normalmente, il feto ha la testa flessa sul tronco e la parte posteriore del cranio (vertice) è la prima a emergere, seguita dalle spalle.

Se il bambino è più grande del normale (valutato dai medici tramite i percentili di crescita fetale), potrebbe incontrare difficoltà durante il passaggio delle spalle, una condizione in cui si parla di distocia di spalla. Questa situazione potrebbe richiedere manovre ostetriche o, se inefficaci, potrebbe richiedere un parto cesareo per garantire la massima sicurezza sia per la madre che per il bambino.

Anche la distocia fetale è imprevedibile prima del parto. Come accennato in precedenza, il fattore di rischio principale è il peso elevato del neonato, un parametro non semplice da valutare accuratamente prima della nascita. Tuttavia, tale rischio è più alto se la madre soffre di diabete o obesità. Quando queste condizioni vengono gestite in modo adeguato durante la gravidanza, il rischio di distocia fetale diminuisce significativamente.

Parto distocico: quali soluzioni vengono adottate?

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Durante il travaglio, la fase attiva inizia quando, a collo appianato e centralizzato, la dilatazione del collo dell’utero raggiunge circa 6 centimetri. Idealmente, dovrebbe durare al massimo 3 ore per le pluripare, 6 per le primipare e si conclude quando la dilatazione è completa (circa 10 cm di diametro). Questa fase è caratterizzata da cambiamenti nel canale cervicale e contrazioni uterine adeguate, ed è seguita dalla fase dell’espulsione, che si caratterizza per una completa dilatazione e per spinte regolari fino al parto (entro 60 minuti).

Quando una delle due fasi si interrompe o rallenta senza progressi evidenti, si può parlare di distocia. Di fronte a questa situazione, l’ostetrica può adottare alcune manovre mirate a ridurre i traumi sia per la madre che per il bambino. Queste includono:

  • manovra di Kristeller, se la parte presentata è nello scavo e prossima al disimpegno espulsivo, in cui l’ostetrica, posizionandosi accanto alla partoriente, esercita una pressione sul fondo dell’utero usando il suo avambraccio durante le contrazioni, facilitando l’espulsione naturale. 
  • manovra di McRobert, utilizzata nella distocia di spalla, quando il bambino non riesce a essere spinto oltre la testa; in questo caso, l’ostetrica solleva le gambe della madre contro l’addome per fornire una spinta aggiuntiva e la 
  • manovra di Wood, anche questa impiegata nella distocia di spalla, consiste nell’inserimento della mano del medico o dell’ostetrica nella vagina, per ruotare il feto e metterlo nella posizione corretta per favorire il progresso del travaglio e consentire un parto naturale.

Tuttavia, è necessario ricordare che, nel 2018, le linee guida dell’OMS hanno definito la manovra di Kristeller come non raccomandata. Il ricorso a questa manovra, infatti, aumenta il rischio di lesioni perineali, lacerazioni, distacco della placenta.

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Alternative alle manovre ostetriche

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Quando i trattamenti medici o le manovre ostetriche non hanno successo o non sono raccomandabili, le opzioni alternative sono rappresentate dal parto cesareo o dal cosiddetto parto operativo, effettuato tramite l’applicazione, raramente, del forcipe o, più frequentemente, della ventosa ostetrica. 

L’uso di forcipe viene adottato solo in situazioni estreme di emergenza. In tali casi, il forcipe, uno strumento a pinza di cui esistono diverse varianti (di Simpson, di Naegele, di Alfieri), viene utilizzato per estrarre il feto esclusivamente in situazione di sofferenza fetale acuta, in fase espulsiva. Lo stesso vale per la ventosa, che viene posta a contatto della testa del feto per facilitarne l’espulsione tramite trazione ed estrazione 

L’utilizzo di questi strumenti può causare lesioni al sostegno muscolotendineo del pavimento pelvico con esiti precoci e tardivi. Gli esiti sono più spesso rappresentati da:

In particolare, il rischio di prolasso è maggiore per le manovre ostetriche espletate con forcipe, ventosa o per lacerazioni muscolari perineali anche occulte.

Attualmente In Italia, le distocie sono generalmente prevenibili e diagnosticabili in fase pretravaglio o in travaglio. Esse vengono più spesso affrontate e risolte ricorrendo al taglio cesareo (il cui tasso in Italia, pur con notevole variabilità interregionale, è pari al 31% dal rapporto CeDAP del 2022) di cui rappresentano, insieme a sofferenza fetale, presentazione podalica e pregresso taglio cesareo, il 70% circa delle indicazioni.