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Pubblicato inBenessere

Differenze e falsi miti fra glucosio e fruttosio

Quali sono le differenze tra glucosio e fruttosio? Come inserire gli zuccheri in una sana e corretta alimentazione? Tutte le risposte

glucosio e fruttosio

Glucosio e fruttosio sono zuccheri semplici, monosaccaridi costituiti da una singola molecola. Sono inoltre isomeri, hanno cioè la stessa formula bruta. Questo vuol dire che hanno lo stesso numero e lo stesso tipo di atomi: sono entrambi formati da 6 molecole di carbonio, 12 di idrogeno e 6 di ossigeno. Avendo la stessa formula bruta, hanno anche uguale peso molecolare.

Ma quali sono le differenze? E a cosa servono? Scopriamolo con l’aiuto di Fiammetta Rimini, biologa nutrizionista del Santagostino.

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Qual è la differenza fra glucosio e fruttosio?

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Glucosio e fruttosio sono accomunati dalla stessa formula grezza, cambia però la conformazione che questa assume, che è spazialmente diversa. Ciò significa che gli atomi di glucosio e fruttosio, pur essendo gli stessi nel numero e nella tipologia, si legano in modo differente.

Come è composto il fruttosio? E il glucosio? Il fruttosio si classifica come chetoesoso, poiché formato da sei atomi di carbonio e da un gruppo chetonico, e ha una forma pentagonale; mentre il glucosio è un aldoesoso, perché composto da sei atomi di carbonio e da un gruppo aldeidico, e ha una forma esagonale.

Questa diversa struttura comporta delle differenze a livello di assorbimento e di metabolismo. Non possiamo dire che glucosio o fruttosio facciano più o meno bene, l’uno rispetto all’altro: piuttosto possiamo conoscerne le caratteristiche e seguire le indicazioni mediche in merito a quanti zuccheri, in generale, è corretto assumere nella propria dieta.

Dal punto di vista metabolico, il fruttosio, a differenza del glucosio, non è captato dai recettori GLUT4 presenti nelle cellule muscolari e grasse, ma viene metabolizzato soltanto dal fegato, che lo converte in glucosio. Viene assorbito più lentamente del glucosio a livello gastrointestinale, ma poi viene metabolizzato più rapidamente da parte del fegato. Dal momento che il suo assorbimento avviene interamente a livello epatico, ha un indice glicemico basso, 19-23, contro l’indice del glucosio che risulta invece essere massimo, 100. 

A differenza del glucosio, il fruttosio non stimola la produzione di insulina perché non entra nelle cellule muscolari grazie all’azione di quest’ultima. Inoltre ostacola, e non favorisce, la produzione di leptina, uno degli ormoni che intervengono nel processo metabolico.

Grazie alla sua forma, il fruttosio è molto più dolce rispetto al glucosio. Il suo potere dolcificante, tuttavia, si dimezza quando il cibo che lo contiene è consumato caldo.

Cosa formano il glucosio e il fruttosio? Quale molecola si produce dall’unione di glucosio e fruttosio?

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Glucosio e fruttosio, che come abbiamo visto sono due carboidrati monosaccaridi, insieme formano il saccarosio, un disaccaride che corrisponde al comune zucchero da cucina.

Questo viene ricavato dalla canna da zucchero oppure dalle barbabietole da zucchero. Inoltre, è contenuto naturalmente nella frutta e nella verdura.

Glucosio e fruttosio, a cosa servono?

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Gli zuccheri servono a dare energia al corpo. Si tratta della fonte di energia prediletta dall’organismo, che non dovrebbe mai essere eliminata in una dieta bilanciata. Infatti, se eliminiamo i carboidrati dalla dieta, l’organismo, privato dell’energia che forniscono, va a ricercarla in altri nutrienti non principalmente indirizzati a questo scopo. Ad esempio le proteine, che – in assenza di carboidrati nella dieta – vengono trasformate dall’organismo in glucosio.

Un altro caso simile è quello della formazione dei corpi chetonici, da parte in questo caso dei grassi.

Quelli appena citati sono tutti meccanismi secondari: il corpo ha bisogno dello zucchero e questo non va eliminato dall’alimentazione. In natura sono presenti diversi monosaccaridi, come glucosio, fruttosio e galattosio, che vengono utilizzati in maniera diversa dall’organismo.

Si può sostituire il glucosio con il fruttosio?

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Negli anni Novanta si è cominciato a parlare di fruttosio per la sua caratteristica di non stimolare il rilascio di insulina. La si associava all’effetto benefico che porterebbe a non ingrassare. Successivamente si è visto che, al contrario, l’eccesso di fruttosio può essere controproducente e dannoso. Succede che il fegato non riesce più a sintetizzare glicogeno e comincia a trasformare l’eccesso di fruttosio in trigliceridi, per cui la conseguenza è che un eccesso alla lunga può portare a steatosi epatica non alcolica  (il cosiddetto fegato grasso) e al rischio di diabete.

Altre caratteristiche del fruttosio meritano di essere prese in considerazione:

  • Si tratta di una sostanza più instabile nel sangue rispetto al glucosio. Si attacca più facilmente alle proteine portando alla formazione degli AGE (corpi di glicazione) con la probabile perdita di funzionalità di alcuni tessuti o organi nell’organismo
  • Non stimolando il rilascio di insulina non vengono attivati quei circuiti che inducono il senso di sazietà
  • Il fruttosio può dare problemi ai soggetti con disturbi del colon irritabile. Il nostro intestino non può assorbire oltre i 30 g di fruttosio. Questo comporta il passaggio di fruttosio nel colon, con la formazione di batteri che causano aerofagia, gonfiore, dolore intestinale, diarrea

Fatte queste premesse, non bisogna pensare che il fruttosio presente in natura sia dannoso. Il fruttosio è contenuto per esempio nella frutta: mangiare 2-3 frutti al giorno, la quantità indicata da linee guida, non crea alcun disagio all’organismo.

I problemi possono invece essere procurati dal consumo di prodotti industriali, in particolare gli sciroppi, modificati in larga parte, e di prodotti da forno. Il fruttosio contenuto nelle bevande modificate zuccherate arriva immediatamente nell’organismo e quindi al fegato. A causa dell’eccesso di fruttosio, il fegato comincia a creare trigliceridi, con il rischio delle patologie già citate: steatosi epatica non alcolica e diabete.

Buone abitudini alimentari: ridurre l’apporto di zuccheri

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Fondamentalmente a essere dannose sono le abitudini legate a un’alimentazione poco equilibrata, portatrici di rischi per la salute. Non è importante sostituire uno zucchero con un altro. È invece essenziale limitare in generale l’uso dello zucchero in cucina, sia per diminuire l’eccesso di zuccheri semplici, ma anche per educare il palato ai sapori meno dolci.

Un esempio concreto: dovremmo consumare le bevande come tè e tisane senza aggiungere zucchero né miele né altri dolcificanti. Questi ultimi andrebbero evitati anche perché si tratta di sostanze che non vengono assorbite bene dall’intestino. Arrivano al colon e cominciano a essere fermentate da batteri, con il rischio di creare squilibri a livello della microflora intestinale.

Allo stesso modo, vanno limitati tutti i prodotti in cui vi siano zuccheri aggiunti, caratterizzati da un notevole apporto calorico e, come si è visto, da un’elevata concentrazione di fruttosio.

Secondo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), il consumo di zuccheri non dovrebbe superare il 10% del fabbisogno calorico giornaliero.

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