- Cosa vuol dire rooming in?
- Chi ha inventato il rooming in?
- Quali sono i suoi benefici?
- Creazione di un profondo legame madre-bambino
- Promozione dell’allattamento al seno
- Monitoraggio delle condizioni del neonato
- Supporto dello sviluppo neonatale
- Riduzione del rischio di infezioni neonatali
- Rispetto dei ritmi sonno-veglia del bambino
- Riduzione del pianto e dello stress
- Miglioramento del benessere materno
- Autonomia nelle cure
- Coinvolgimento di altri membri della famiglia
- Rooming in: quando si fa?
Il rooming in, ovvero la possibilità di tenere il neonato nella stessa stanza della mamma fin da subito dopo il parto, è una pratica ormai diffusa in numerosi ospedali, che suscita sempre maggiore interesse.
Ma che cos’è esattamente il rooming in? In quali circostanze è previsto? Quali sono i suoi benefici? Scopriamone di più con l’aiuto della dott.ssa Francesca Mulas, ostetrica del Santagostino.
Cosa vuol dire rooming in?
↑ topIl verbo inglese to room significa “alloggiare”. L’espressione derivata rooming in sta a indicare una modalità di assistenza neonatale che prevede la permanenza del bambino nella stessa camera di degenza della madre fin dai primi momenti successivi al parto.
Cosa vuol dire praticare il rooming in?
↑ topSecondo il rooming in, il neonato viene tenuto giorno e notte, senza limiti di orario, accanto alla madre, che può così prendersene cura in maniera continuativa.
Generalmente, il bambino appena nato viene asciugato e adagiato sul corpo della mamma affinché ne senta il calore e l’odore e possa cercare l’attacco al seno. Viene poi trasferito in stanza con la mamma, in modo che il contatto pelle a pelle – raccomandato dalle Linee guida dell’UNICEF per tutti i bambini sani e nati a termine sia con parto naturale sia con parto cesareo – possa continuare e vengano poste le condizioni per l’allattamento al seno.
Chi ha inventato il rooming in?
↑ topIl rooming in è un approccio che affonda le proprie radici nelle antiche tradizioni legate alla cura neonatale nelle prime fasi della vita. Quando il parto in casa rappresentava la normalità. La consuetudine prevedeva, infatti, che i bambini appena nati venissero immediatamente affidati alle cure delle loro madri.
Con il trascorrere del tempo e la progressiva ospedalizzazione del parto, le cose sono cambiate. Si è imposta la pratica di separare i neonati dalle madri dopo la nascita e di sistemarli al nido per un periodo di osservazione. Il contatto tra mamma e bambino si limita così agli orari di allattamento.
Negli ultimi decenni, tuttavia, il rooming in è stato riscoperto e promosso come modello capace di favorire il benessere neonatale e materno. L’UNICEF e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) lo hanno inserito tra i Ten steps to successful breastfeeding, “dieci passi per un allattamento al seno efficace”, un documento destinato ai reparti maternità di tutto il mondo, che incentiva la pratica dell’allattamento al seno.
Quali sono i suoi benefici?
↑ topIl rooming in offre una serie di vantaggi significativi sia alla madre sia al bambino. Ecco i principali.
Creazione di un profondo legame madre-bambino
↑ topSin dai primi istanti di vita, la presenza costante del bambino accanto alla madre favorisce l’interazione tra i due. Consente loro di familiarizzare e di porre le basi per una solida vicinanza emotiva.
Promozione dell’allattamento al seno
↑ topAvendo il neonato sempre con sé, la madre può rispondere prontamente ai suoi segnali di fame, permettendogli di nutrirsi ogni volta che ne manifesta il bisogno. Questo favorisce una corretta suzione da parte del piccolo e una produzione adeguata di latte materno.
Monitoraggio delle condizioni del neonato
↑ topGrazie al rooming in, i genitori possono prendere consapevolezza dei bisogni del piccolo e imparare a gestirli più agevolmente, intervenendo in modo tempestivo in caso di necessità.
Supporto dello sviluppo neonatale
↑ topLa vicinanza della madre fornisce al neonato un ambiente rassicurante aiutandolo ad adattarsi alla vita extrauterina. Il contatto pelle a pelle contribuisce a stabilizzare la temperatura corporea, la frequenza cardiaca e la respirazione del bambino, e ne rafforza le difese immunitarie, promuovendo il suo benessere generale.
Riduzione del rischio di infezioni neonatali
↑ topLimitare lo spostamento del neonato in varie aree dell’ospedale consente di ridurre il contatto con eventuali batteri patogeni, e favorisce invece una adeguata colonizzazione cutanea e intestinale da parte dei microrganismi materni con cui il bambino viene a contatto attraverso il contatto pelle a pelle.
Rispetto dei ritmi sonno-veglia del bambino
↑ topll rooming in permette di assecondare i bisogni fisiologici del bambino, che non viene costretto a sottostare agli orari stabiliti dall’ospedale per le poppate o il riposo.
Riduzione del pianto e dello stress
↑ topLa presenza continua della madre può essere determinante per rassicurare il bambino, farlo sentire al sicuro e protetto, riducendo così eventuali motivi di stress e tensione.
Miglioramento del benessere materno
↑ topLa vicinanza con il proprio bambino ha effetti benefici anche sulla mamma. Attraverso il contatto pelle a pelle prolungato, infatti, si riduce il rischio di emorragia post partum e il tasso di depressione post partum.
Autonomia nelle cure
↑ topIl rooming in permette ai neogenitori di sviluppare le abilità per dare in autonomia le prime cure al neonato e fare pratica nelle normali attività che faranno parte della routine dopo il rientro a casa, come il cambio pannolino e la medicazione del cordone ombelicale.
Coinvolgimento di altri membri della famiglia
↑ topNelle strutture che lo consentono, il rooming in può coinvolgere anche il padre e altri familiari. Questo incoraggia una partecipazione attiva nella cura del neonato, rafforza il legame familiare e offre sostegno alla mamma, prevenendo l’eccessivo affaticamento o un senso di solitudine e inadeguatezza.
Rooming in: quando si fa?
↑ topIn Italia, il rooming in non è obbligatorio nelle strutture sanitarie. Le modalità di accudimento dei neonati variano da struttura a struttura e la decisione di adottare il rooming in dipende dalle politiche interne dell’ospedale o della clinica. Negli ultimi anni, tuttavia, sempre più strutture sanitarie stanno introducendo questa pratica, anche sulla scia delle campagne di promozione dell’allattamento materno del Ministero della salute.
Nonostante il rooming in stia guadagnando terreno, esiste ancora il nido tradizionale, dove i neonati vengono trasferiti dopo il parto per essere osservati e assistiti dal personale medico. Questo perché il nido consente di ospitare i neonati che presentano disturbi e necessitano di cure o per aiutare le donne che non sono nelle condizioni di prendersi cura dei propri bambini.
La libertà di scegliere
↑ topIn generale, il rooming in dovrebbe rappresentare una libera scelta, una possibilità cui le mamme possono ricorrere se in linea con le loro esigenze e preferenze personali.
È importante che le famiglie conoscano prima la politica dell’ospedale dove intendono recarsi per la nascita così da scegliere con consapevolezza.
È bene sottolineare, infatti, che non tutte le mamme al termine del parto si trovano nelle condizioni di accogliere con entusiasmo questa opzione. Alcune, affaticate e talvolta limitate da difficoltà motorie dopo un cesareo o un lungo travaglio, potrebbero infatti vivere il rooming in come un’imposizione, un ostacolo al proprio recupero. Altre potrebbero sentirsi sopraffatte dalle responsabilità della maternità, specialmente se primipare e dunque alla prima esperienza con un neonato, e vivere la costante richiesta di attenzione da parte del piccolo come emotivamente impegnativa.
In questi casi, il rooming in rischia di causare stress aggiuntivo. Per questo, nelle strutture che lo praticano, è fondamentale che le madri possano contare sul supporto del personale sanitario e/o sulla presenza di altri familiari. Solo così possono acquisire fiducia nelle proprie capacità e raccogliere le energie necessarie per vivere con maggiore serenità l’accudimento dei loro bambini.
Il rooming in può essere considerato come una palestra in cui i genitori iniziano a mettersi in gioco con il loro bambino. Ma sempre con la possibilità di chiedere aiuto al personale della struttura.