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Pubblicato inMonitoring

Research Digest n°5 – Aprile 2024

Esame mensile della letteratura scientifica, alla ricerca di risultati particolarmente significativi e di interesse per la comunità medica. A cura di Enrico Bucci, il Direttore Scientifico del Santagostino

Recentemente, vi sono stati importanti risultati che interessano l’epidemiologia, la diagnosi ed il trattamento del cancro alla prostata; vale la pena di considerare brevemente questi risultati, a partire da due diversi articoli appena pubblicati, il primo su The Lancet ed il secondo su Journal of American Medical Association (JAMA).

Cancro alla prostata in aumento: i numeri della Lancet Commission on Prostate Cancer

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Il cancro alla prostata sta crescendo globalmente, con una previsione di 2,9 milioni di casi e quasi 700.000 decessi entro il 2040, secondo la Lancet Commission on Prostate Cancer. L’aumento è evidente nei paesi ad alto reddito come gli Stati Uniti e il Regno Unito e si prevede che si intensifichi nei paesi a basso e medio reddito. 

Di conseguenza, la necessità di screening per il cancro alla prostata aumenta, specialmente per gli uomini di età compresa tra 50 e 70 anni, con un’attenzione crescente verso l’uso di tecnologie avanzate come la risonanza magnetica. Tuttavia, è essenziale affrontare correttamente le sfide legate allo screening, come l’uso improprio del test PSA, per evitare sovradiagnosi e sovratrattamenti. 

The Lancet Commission on prostate cancer: planning for the surge in cases: vai all’articolo

Quanto questo aspetto sia cruciale è stato appena dimostrato dal più ampio studio condotto fino ad oggi sugli effetti di un singolo invito a sottoporsi a un esame del sangue PSA* per lo screening del cancro alla prostata.  Si è scoperto che l’adesione all’invito ha avuto solo un piccolo impatto sulla riduzione dei decessi, ma in aggiunta ha portato a una sovradiagnosi e alla mancata diagnosi precoce di alcuni tumori aggressivi.

Screening per il tumore alla prostata: il rischio è la sovradiagnosi

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Lo studio CAP, pubblicato sul JAMA e condotto da ricercatori delle università di Bristol, Oxford e Cambridge, ha coinvolto oltre 400.000 uomini di età compresa tra 50 e 69 anni. 

Poco meno della metà ha ricevuto un invito per un test PSA come parte della sperimentazione. Dopo un follow-up di 15 anni, è stata rilevata una piccola differenza nel numero di uomini morti di cancro alla prostata tra i due gruppi: quasi 7 uomini su 1.000 nel gruppo invitato allo screening erano morti di cancro alla prostata, rispetto a quasi 8 su 1.000 nel gruppo di quelli che non erano stati invitati allo screening. A fronte di questo piccolo vantaggio, tuttavia, i risultati dello studio mostrano che circa 1 tumore su 6 riscontrato mediante il singolo screening del PSA è stato sovradiagnosticato. Ciò può comportare il trattamento non necessario di tumori che non avrebbero causato alcun danno. Una diagnosi eccessiva può inoltre avere un impatto psicologico negativo e il trattamento del cancro alla prostata può causare effetti collaterali fisici tra cui la possibilità di infezione a seguito di una biopsia, disfunzione erettile e problemi alla vescica e all’intestino.

Prostate-Specific Antigen Screening and 15-Year Prostate Cancer Mortality. A Secondary Analysis of the CAP Randomized Clinical Trial: Vai all’articolo

In sostanza, la ricerca ha confermato ciò che da tempo è noto, ovvero che il test del PSA è impreciso: aumenta il rilevamento dei tumori della prostata a basso rischio, per cui non vi sarebbe alcun bisogno di trattamento, e in aggiunta non ne rileva alcuni ad alto rischio. 

Per migliorare, è stata dimostrata l’utilità dell’introduzione della risonanza magnetica prima di una biopsia; sono tuttavia necessarie ulteriori ricerche sui modi per trovare i tumori aggressivi PSA-negativi, che costituiscono ad oggi una delle tipologie più pericolose.