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Pubblicato inGenitori

HPV, il vaccino funziona, anche per i maschi

Quasi il 90% di infezioni in meno: le campagne vaccinali anti Papilloma virus (HPV) stanno avendo grande successo nel ridurre la diffusione di tutte le malattie legate a questo virus. Il prossimo passo dovrebbe essere quello di estendere il programma vaccinale anche ai maschi.

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La vaccinazione profilattica anti Papilloma virus (HPV) , che il Santagostino effettua nel suo ambulatorio vaccini, è una delle maggiori operazioni internazionali di salute pubblica e ha lo scopo di ridurre l’incidenza della patologia HPV correlata, compresi i cancri e le lesioni precancerose della cervice uterina, del pene, della vulva, della vagina e dell’ano. Negli ultimi 10 anni sono state distribuite circa 200 milioni di dosi, ed analizzando gli studi clinici prodotti è stata documentata una significativa diminuzione (già a 4 anni dall’introduzione) di tutte le patologie HPV correlate nelle ragazze sottoposte a vaccino quadrivalente, con un maggior beneficio se vaccinate prima dell’inizio dell’attività sessuale.

Il vaccino contro l’HPV è uno dei vaccini di più “recente” introduzione. È utilizzato infatti dal 2006 nei Paesi che hanno aderito per primi alla campagna vaccinale (in particolare Australia e USA) e dal 2008 anche in Italia. Un recente lavoro che analizza l’impatto dei primi dieci anni di vaccinazione anti HPV ci mostra risultati già di grandissimo impatto.

Ma prima di giungere alle conclusioni facciamo un passo indietro e vediamo di cosa si tratta. Il contagio da  HPV avviene tramite il contatto con pelle o mucosa, soprattutto durante il rapporto sessuale, può avvenire nonostante l’uso del preservativo e non richiede il rapporto completo. L’infezione tra gli adulti è molto diffusa e spesso transitoria: più del 50% dei soggetti viene infettato nel corso della vita, e già a due anni dall’inizio dell’attività sessuale la probabilità di essere positivi è del 40-80%. Tuttavia in alcuni casi l’infezione persiste e può generare lesioni pretumorali che, se non trattate, possono progredire verso il cancro. L’HPV non riguarda solo il collo dell’utero, ma è responsabile anche (in minor misura) di lesioni pretumorali e tumorali di vagina, vulva, pene e ano.

Per comprendere la dimensione del problema si consideri che il carcinoma della cervice uterina (di cui l’HPV è la prima causa) è al quarto posto tra i tumori della donna, diffuso soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. In Europa abbiamo ogni anno circa 25.000 nuovi casi, con 12.000 decessi. L’HPV non è responsabile solo del cancro, ma anche di lesioni intraepiteliali di basso e alto grado che comportano esami diagnostici e trattamenti, il cui costo in Italia è stimato attorno ai 530 milioni di Euro all’anno. In USA le stime indicano costi diretti annuali associati al trattamento della patologia HPV-correlata superiori ai 5 miliardi di dollari. Ciò fa dell’HPV una delle più costose malattie a trasmissione sessuale dopo l’HIV/AIDS.

I ceppi virali che infettano l’uomo sono numerosi, ma il tipo 16 e 18 sono quelli più spesso coinvolti nel cancro cervicale (66%) e nel cancro anale (85%) percentuali variabili di cancri vulvari, penieni, vaginali, uretrali, orali (testa e collo) contengono HPV; mentre il 90% dei condilomi genitali è causato dagli HPV 6 o 11. Esistono attualmente tre tipi di vaccino, uno bivalente (contro HPV 16 e 18), uno quadrivalente (contro HPV 6,11, 16 e 18) ed uno nonavalente (contro i ceppi 6-11-16-18-31-33-45-52-58) .

In Australia, a 6 anni dall’introduzione del vaccino, le infezioni da HPV 6/11/16/18 nelle donne di 18-24 anni sono diminuite dell’86% rispetto ai soggetti non vaccinati, negli USA addirittura dell’89%. La riduzione dei condilomi genitali in Australia è stata del 92,6%, ed anche le lesioni pretumorali del collo dell’utero sono diminuite circa dell’85%. Viceversa non è cambiata l’incidenza di condilomi in soggetti al di sopra dei 30 anni (non inclusi nel programma).

Un recente studio pubblicato su The Lancet Public Health Journal, ha infatti ipotizzato che l’Australia sarà il primo paese che potrà dire addio al cancro alla cervice uterina se i tassi di vaccinazione contro il virus HPV e gli screening rimarranno alti. Entro il 2035 i ricercatori hanno previsto solo quattro casi ogni 100.000 persone.

Entrambi i vaccini si sono dimostrati sicuri, con solo lievi reazioni locali o sistemiche comunemente riportate per tutti i vaccini: la frequenza di gravi reazioni allergiche è molto bassa e paragonabile a quella degli altri vaccini. Non è stata documentata un’associazione causale con patologie autoimmuni, neurologiche e tromboemboliche.

È interessante il calo di infezioni anche nei giovani uomini non vaccinati, dimostrazione della potenza della cosiddetta “immunità di gregge”, concetto fondamentale per capire che le vaccinazioni dovrebbero sempre avere la copertura più ampia possibile e non essere riservate alle categorie a rischio. Per questo l’estensione della vaccinazione anche ai maschi prevista dal piano vaccinale 2017 è una buona notizia. L’uomo rimane portatore del virus per tutta la vita e, seppure non esposto al rischio di cancro del collo dell’utero, resta a rischio per il cancro anale (la cui incidenza è in aumento e che non usufruisce di uno screening). A ciò va aggiunto il cancro dell’orofaringe, più frequente negli uomini. La vaccinazione HPV deve quindi essere necessariamente senza distinzione di genere.

In Australia, dal 2013 il vaccino è stato esteso anche ai maschi. Negli ultimi 5 anni si è osservata la virtuale scomparsa dei casi di condilomatosi anogenitale: occorrerà ovviamente più tempo per confermare la stessa cosa con le lesioni precancerose e i carcinomi invasivi. Vaccinare i ragazzi aiuterà a proteggere le ragazze, ed i ragazzi stessi risulteranno protetti dal contagio da parte di ragazze non vaccinate o da altri uomini. L’attuale programma vaccinale diretto alle sole donne lascia i maschi omosessuali a grande rischio di infezione, in quanto non beneficiano dell’immunità di gregge. Tutte le patologie qui descritte costituiscono un problema molto più impegnativo di quello che si potrebbe pensare, sia dal punto di vista medico, che psicologico, che relazionale e sociale, sia per gli uomini che per le donne. Eradicare l’HPV è una sfida che avrebbe un grande impatto sulla spesa sanitaria investita nelle malattie a trasmissione sessuale e sulla qualità della vita, ed è un obiettivo può essere portato avanti unitamente dalle donne e dagli uomini e che grazie alla vaccinazione potrebbe essere realizzato entro pochi decenni.