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Pubblicato inGenitori

L’amniocentesi: cos’è e quando farla

L’esame consiste nel prelievo e nell’analisi del liquido amniotico che circonda il feto allo scopo di valutarne lo stato di salute

L’amniocentesi è l’esame che consiste nel prelievo e nell’analisi del liquido amniotico che circonda il feto all’interno dell’utero. Il suo scopo è principalmente quello di valutare lo stato di salute del feto e identificare eventuali patologie cromosomiche.

Con l’aiuto del ginecologo del Santagostino, Roberto Liguori, vediamo come si svolge questa procedura, quando è necessario effettuarla e quali informazioni è possibile ottenere.

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Cos’è l’amniocentesi?

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L’amniocentesi è un esame invasivo, in quanto un ago viene introdotto nell’addome della madre fino ad arrivare all’utero.

Per sottoporsi all’esame non serve alcun tipo di preparazione particolare. Solo nel caso in cui la madre abbia gruppo sanguigno Rh negativo, può essere necessario effettuare una profilassi con immunoglobuline anti-D. Questa procedura serve a prevenire l’eventuale sviluppo di anticorpi che attaccano le cellule ematiche del feto.

Come si fa nella pratica l’amniocentesi? 

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In primo luogo, la donna viene invitata a sdraiarsi comodamente in posizione supina, esponendo l’addome. Mediante un’ecografia dettagliata, il medico valuta attentamente il battito cardiaco fetale, la posizione del feto e della placenta per individuare il punto di prelievo ottimale. Dopo aver accuratamente disinfettato la zona, viene inserito delicatamente un sottile ago cavo e sottile.

A questo punto ci si aiuta con le immagini ecografiche per raggiungere l’utero. L’operatore preleva circa 20 millilitri di liquido dal sacco amniotico e, una volta rimosso l’ago, viene controllato nuovamente il battito cardiaco del feto.

Quando si fa l’amniocentesi?

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L’amniocentesi si esegue solitamente al quarto mese, tra la sedicesima e la diciottesima settimana di gravidanza.

Questo è il periodo considerato ottimale perché il rischio di complicanze è minore e la quantità di liquido amniotico è sufficiente per effettuare le analisi.

Quanto tempo dura l’amniocentesi?

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L’amniocentesi può essere eseguita ambulatorialmente. Il prelievo ha una durata di qualche minuto, ma deve essere preceduto da uno studio del feto di almeno 15 minuti. Nel complesso, l’intera procedura può richiedere un tempo di circa 30 minuti.

Quanto fa male l’amniocentesi?

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Questo esame non è doloroso e non richiede alcun tipo di anestesia. Può risultare fastidioso (al pari della sensazione avvertita durante un prelievo ematico).

Quanti giorni bisogna stare a riposo dopo l’amniocentesi?

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In seguito al prelievo del liquido amniotico, è necessario osservare un riposo di almeno 24 ore, evitare sforzi e seguire scrupolosamente le indicazioni fornite dallo specialista.

Bisogna invece contattare il proprio medico curante, nel caso in cui si manifestino i seguenti sintomi:

  • perdite di liquido amniotico
  • sanguinamento dalla vagina
  • febbre
  • crampi addominali
  • cambiamenti nei movimenti del feto (di solito questi si cominciano ad avvertire dal quinto mese di gravidanza in poi)

Quali sono i rischi dell’amniocentesi?

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Essendo una manovra invasiva, l’amniocentesi comporta anche dei rischi, anche se le probabilità che si concretizzino sono molto basse

Il rischio di aborto spontaneo ha una probabilità inferiore all’1%. Estremamente rare sono anche le infezioni uterine che riguardano meno di una donna su mille. Nel 2-3% delle donne che si sottopongono al prelievo può esserci sanguinamento vaginale che, però, si risolve spontaneamente in quasi la totalità dei casi.

amniocentesi

Quali sono le malattie che si vedono con l’amniocentesi?

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L’amniocentesi ha tra i suoi obiettivi fondamentali quello di identificare eventuali patologie cromosomiche e, in particolare, è utile per il supporto diagnostico di anomalie di tipo genetico quali sindrome di Down, di Patau, ed Edwards.

Tra le altre patologie genetiche indichiamo:

L’amniocentesi può servire, anche se in casi più rari, a identificare eventuali anomalie metaboliche o malattie infettive che riguardano il feto, attraverso delle analisi di tipo biochimico sul liquido amniotico.

L’amniocentesi ha un’affidabilità del 99% per quanto riguarda l’esclusione o l’accertamento di patologie di tipo genetico.

Non si tratta di una procedura obbligatoria, ma è consigliata alle donne:

  • con figli affetti da patologie cromosomiche (quali la spina bifida)
  • a fronte di un esito positivo al test di screening prenatale
  • con età superiore ai 35 anni e in mancanza di test di screening del primo trimestre di gravidanza
  • con una storia clinica di familiarità a determinate patologie genetiche
  • a fronte di risultati ecografici in base ai quali si sospetta una possibile malattia genetica

Amniocentesi: risultati

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I test per lo studio del patrimonio genetico del feto tramite l’amniocentesi sono molteplici. Test rapidi consentono di ottenere in pochi giorni informazioni precise sul numero e sulla struttura dei cromosomi più comuni, fornendo risposte immediate su possibili alterazioni come la sindrome di Down. 

Per indagini più approfondite, sono disponibili test che analizzano l’intero genoma alla ricerca di alterazioni submicroscopiche dei geni, ma richiedono tempi di risposta leggermente più lunghi, solitamente compresi tra due e tre settimane.

Cosa fare in caso di amniocentesi positiva?

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L’amniocentesi fornisce un risultato di tipo “sì” o “no”. Nella maggior parte dei casi, l’esito è “no”, il che significa che il feto non è affetto da alcun tipo di patologia genetica.

Un risultato positivo segnala invece che il feto è affetto da una delle malattie ricercate con il test. In questo caso lo scenario dell’esame e le sue implicazioni verranno discussi con i genitori al fine di supportarli nella scelta da prendere. Qualora si decida di continuare la gravidanza, l’aiuto del personale sanitario sarà importante per individuare la struttura più adeguata per il parto e per programmare eventuali trattamenti per il bambino.

Nel caso in cui si scelga di interrompere la gravidanza ricorrendo a un aborto terapeutico, i genitori saranno informati sui tempi e sul luogo in cui recarsi per eseguire la procedura.

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Cosa può sostituire l’amniocentesi?

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In alternativa all’amniocentesi, sono stati introdotti dei test di screening non invasivi per valutare il rischio di anomalie cromosomiche. Si tratta di due esami:

Va specificato tuttavia che questi esami non possono offrire una certezza del risultato al pari della procedura più invasiva. Possono solo valutare il rischio di insorgenza di malattie genetiche e malformazioni nel feto, ma non ne confermano la presenza.