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Pubblicato inSalute

Vaccini Covid-19, cosa sono quelli a mRNA e perché saranno una rivoluzione

Che cosa è l’Rna messaggero o mRna? Perché ci hanno messo così poco a sviluppare questi vaccini? Sono davvero sicuri? E sono davvero efficaci? Tutte le risposte della scienza

vaccini anti Covid-19

Articolo realizzato in collaborazione con Io Vaccino –  Community di Promozione Sociale per la tutela della Salute attraverso la Prevenzione e le Vaccinazioni.

Premessa: a cosa servono i vaccini, tutti

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Ogni giorno, nel nostro corpo, uno sterminato esercito costituito da cellule di diversi tipi ci protegge da vari agenti che potrebbero causare malattie. Agenti molto diversi tra loro: batteri, muffe, funghi, protozoi, virus… Il nostro sistema immunitario deve fronteggiare minacce di diversa natura, diverse volte. Per questo adotta una complessa architettura per imparare a difendersi, così da evitare di avere nuovamente la malattia nel caso di un secondo incontro con lo stesso agente patogeno.

Negli ultimi 3 secoli, abbiamo imparato come sfruttare questa complessa architettura a nostro immenso vantaggio, grazie ai vaccini. In estrema sintesi, i vaccini servono per mostrare alle cellule del sistema immunitario solo parti dei patogeni; servono per addestrare i linfociti, esattamente come si addestrano e si allenano i soldati.

Queste “parti di patogeni” vengono chiamati antigeni.

Gli antigeni, la chiave per l’efficacia dei vaccini

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Gli antigeni sono semplicemente delle proteine. Se l’agente patogeno presenta degli antigeni contro cui il sistema immunitario riesce a reagire efficacemente, producendo principalmente anticorpi neutralizzanti (cioè capaci di arrestare l’agente patogeno), allora sarà possibile produrre anche un vaccino. I vaccini, infatti, non sono altro che antigeni incapaci di produrre la malattia, ma efficaci nello stimolare la risposta immunitaria.

Prendiamo il vaccino contro influenza: si prendono quantità ingenti di virus influenzali, poi si inattivano e si frammentano con calore o prodotti chimici. Servono industrie che producano i virus  e per farlo servono milioni e milioni di uova di gallina, in quanto gli embrioni di pollo sono il terreno di coltura dei virus influenzali. La produzione del vaccino antinfluenzale è complessa, servono diversi mesi per ottenere quantità sufficienti per produrre milioni di dosi.

Per produrre gli antigeni, cioè proteine, servono mesi. E molti soldi.

L’importanza dell’RNA messaggero (o mRNA)

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Ma esistono altri modi per produrre proteine? Dove possiamo trovare industrie che producano rapidamente e in modo economico quantità sufficienti di proteine per indurre una risposta immunitaria?

Basta guardarsi allo specchio: ognuno di noi è composto da cellule e ogni cellula è una industria di proteine.

Le nostre cellule producono proteine usando l’informazione del codice genetico: di norma, le nostre cellule trascrivono il nostro DNA in RNA messaggero (mRNA), poi l’mRNA viene tradotto grazie ai ribosomi in proteine.

La novità, la rivoluzione introdotta dai vaccini a mRNA di Pfizer/BioNTech e ModeRNA sta nell’aver spostato la produzione degli antigeni dalle industrie biotech al corpo umano: infatti, introducendo nelle cellule umane l’mRNA con l’informazione dell’antigene adatto, le nostre cellule produrranno l’antigene e il sistema immunitario, riconoscendo queste proteine come esterne, produrrà una risposta immunitaria selettiva, archiviando l’informazione.

Perché è stato possibile arrivare così in fretta alla produzione industriale

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Produrre mRNA con l’informazione desiderata è, oggi, semplice e abbastanza economico. Tutto ciò di cui c’è bisogno è la sequenza genica dell’antigene che induce la risposta immunitaria neutralizzante.

Quando parliamo di SARS-CoV-2, il nuovo coronavirus che causa Covid-19, abbiamo conosciuto la sua sequenza genica già a inizio gennaio 2020. Grazie alle ricerche sui primi pazienti, abbiamo trovato i primi anticorpi neutralizzanti già a febbraio 2020. Con queste due informazioni, è stato possibile identificare la proteina S (spike) come antigene bersaglio del vaccino.

La tecnologia a mRNA non era mai stata precedentemente portata su scala industriale per un vaccino, in quanto non si era ancora verificata la necessità di utilizzare una piattaforma così rapida (viene anche chiamata plug-and-play).

Inoltre, i tentativi precedenti avevano dimostrato una elevata “reattogenicità” di questi vaccini, cioè una elevata quota di persone che manifestano effetti avversi (febbre elevata, dolori come da sindrome influenzale), dovuti principalmente ai vettori che proteggono l’mRNA. Il vaccino Pfizer/BioNTech racchiude l’mRNA con nanoparticelle di zucchero e quattro tipi di lipidi, uno dei quali particolarmente reattogeno.

Un altro problema, che è stato superato, è dovuto al fatto che l’mRNA va incontro molto facilmente a degradazione e servono strumenti per bloccarlo nel tempo: lo strumento che è stato trovato è il freddo estremo. Ciò comporta un problema di logistica non indifferente: Pfizer ha approntato un sistema molto complesso con cargo refrigerati, casse termiche contenenti ghiaccio secco per la distribuzione monitorate con GPS. Ma, sulla carta, anche la logistica è stata preparata, così da essere pronti per la più importante ed estesa campagna vaccinale della storia.

Siamo di fronte a una rivoluzione

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Superati i problemi logistici e di sicurezza a breve termine grazie alle nanoparticelle lipidiche più innovative, la questione aperta rimane l’efficacia. C’era molto scetticismo sulla possibilità che una quantità piuttosto minima di mRNA potesse indurre una produzione endogena di antigeni tale da scatenare una reazione immunitaria mirata nella maggior parte delle persone.

Stando ai risultati presentati da Pfizer/BioNTech, i dati di efficacia sono eccezionali, paragonabili alle piattaforme migliori già utilizzate da decenni.

Stiamo quindi assistendo a una vera e propria rivoluzione: se l’efficacia sarà dimostrata anche nel “mondo reale” (e non solo in quello quasi perfetto dei trial clinici), significa che nel prossimo futuro questa tecnologia sarà sempre più utilizzata. Potenzialmente, avremo già la piattaforma con cui produrre milioni di dosi in pochi mesi anche contro le prossime pandemie. E le potenzialità di questa piattaforma non si fermano solo nei confronti delle malattie infettive. This is a triumph, scrivono sul New England Journal of Medicine nell’editoriale di accompagnamento sui risultati del trial di Pfizer/BioNTech.

Ma sono davvero sicuri?

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Molte persone, sentendo che “viene iniettato materiale genetico”, stanno pensando a chissà quali rischi per la salute. C’è chi sta già soffiando sul fuoco dell’esitazione vaccinale, parlando di rischio di tumori o di malattie autoimmunitarie.

Partiamo da un presupposto: si utilizza mRNA, non RNA o DNA. L’mRNA non entra nel nucleo della cellula, non integra alcunché nel nostro codice genetico, non altera la normale vita delle cellule. L’mRNA rimane nel citoplasma, cioè quella parte della cellula dove sono presenti i ribosomi che producono le proteine traducendo l’mRNA in una sequenza di aminoacidi. Nel citoplasma, inoltre, sono presenti altre proteine che controllano questo processo e degradano l’mRNA dopo poco tempo.

A livello di principio, non siamo di fronte a un processo estremamente diverso dalla vaccinazione contro il morbillo, dove utilizziamo un virus attenuato che infetta alcune cellule, si ha una debole replicazione virale (quindi il virus del morbillo utilizza i ribosomi e altre proteine presenti nel citoplasma per moltiplicare se stesso diverse volte) e si ha, di conseguenza, una risposta immunitaria.

Noi conosciamo già il livello di sicurezza dei vaccini convenzionali, un livello di sicurezza estremamente elevato: anche per i vaccini convenzionali si parla solo di effetti secondari nell’immediato (al massimo alcune settimane), non di eventi avversi a distanza di anni. Pertanto, a livello razionale, c’è un elevato grado di “ragionevole certezza” sulla sicurezza a lungo termine dei vaccini a mRNA.

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Gli studi presentati da Pfizer/BioNTech effettuati su oltre 40000 persone (circa 21.000 di vaccinati e 21000 trattati con placebo), sia agli enti regolatori sia alla comunità scientifica, parlano di effetti secondari non molto dissimili dagli altri vaccini già noti: febbre nel 16% dei casi alla seconda dose per i più giovani (11% negli over 55 anni); astenia nel 59% dei giovani alla seconda dose (interessante il confronto con il placebo: il 33% dei soggetti trattati con la prima dose di placebo ha riferito astenia); cefalea per il 52% dei trattati alla seconda dose (di nuovo, il placebo ha “causato” cefalea nel 24% dei soggetti). Nessun decesso causato dal vaccino (sono avvenuti 2 decessi nel gruppo dei trattati per malattie cardiovascolari, 4 decessi nel gruppo del placebo sempre per malattie cardiovascolari). Nessun evento grave irreversibile.

Il trial del vaccino Pfizer/BioNTech escludeva persone che avevano presentato precedentemente anafilassi a farmaci: è uno dei motivi per cui l’ente regolatorio inglese (MHRA) ha dovuto escludere questa fascia di popolazione dalla campagna vaccinale recentemente iniziata nel Regno Unito, dopo che si sono verificati 2 episodi di anafilassi (entrambi risoltisi per il meglio).

Ma sono davvero efficaci?

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La vera domanda dovrebbe essere: per quanto tempo dura la protezione indotta da questi vaccini? Al momento, non lo sappiamo con certezza, per l’ovvio motivo che le prime vaccinazioni sono iniziate qualche mese fa nei trial clinici. Sappiamo che la malattia può ripresentarsi in una minima quota di persone già dopo poche settimane, nel caso di reinfezione. Sappiamo che altri coronavirus (ad esempio HCoV-OC43, che causa il normale raffreddore) inducono una risposta immunitaria che dura qualche mese.

Sappiamo che diversi vaccini inducono una protezione non perenne: il vaccino antinfluenzale, ad esempio, protegge per pochi mesi. Non sarebbe quindi una sconfitta se la protezione indotta da questi vaccini durasse solo qualche mese: potrebbe essere un periodo sufficientemente lungo per darci la possibilità di trasformare le famose “ondate” epidemiche da tsunami, che mandano al collasso i sistemi sanitari, a piccole onde del mare calmo.

 

Referenze bibliografiche minime
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