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Pubblicato inTerza età

Cos’è la doll therapy e come può aiutare i malati di Alzheimer

La cura delle demenze, come la malattia di Alzheimer, passa anche attraverso terapie non farmacologiche, come la doll therapy. Il neurologo ci spiega di cosa si tratta e quali benefici può apportare.

doll-therapy

Tra le terapie non farmacologiche utilizzate per trattare la malattia di Alzheimer, la doll therapy ha suscitato un interesse crescente, per la particolarità del suo approccio. Attraverso l’utilizzo di una bambola, permette infatti di contenere i disturbi psicologici, comportamentali e sociali che con il tempo insorgono nelle persone con demenza e le portano spesso ad essere aggressive e oppositive.

Quali sono i principi e i benefici di questa terapia? Quale applicazione trova nel piano terapeutico per il trattamento dei malati di Alzheimer? Scopriamone di più con l’aiuto del dott. Alberto Lerario, neurologo del Santagostino.

Che cos’è e a cosa serve la doll therapy?

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La doll therapy, “terapia della bambola”, è una pratica che utilizza bambole per offrire sostegno emotivo alle persone affette da demenza, come la malattia di Alzheimer. Questo approccio, messo a punto negli anni Ottanta negli Stati Uniti e in Australia, prevede di affidare la cura di una bambola con sembianze umane a pazienti neurodegenerativi o psichiatrici, che ne divengono responsabili e instaurano con essa una relazione di attaccamento.

Il fine ultimo è il miglioramento dei sintomi di disagio psicologico e comportamentale che si sviluppano in un quadro di demenza e alterano le facoltà comunicative e relazionali di chi ne è affetto. Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti gli esperti ritengono questo tipo di approccio terapeutico efficace a lungo termine.

Quali sono le linee guida per il suo utilizzo?

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Le linee guida di Mackenzie Wood-Mitchell e James, redatte nel 2007, sulla doll therapy delineano diversi punti per un utilizzo etico ed efficace di questa pratica, che deve essere parte di un piano terapeutico globale integrato in cui siano compresi anche i caregiver. Le stesse linee guida sottolineano la necessità di monitorare attentamente le reazioni e il benessere del paziente nel corso della terapia, adattandola di conseguenza.

Tra le indicazioni viene chiarito, per esempio, che, parlando della bambola, occorre riferirsi ad essa utilizzando lo stesso nome usato dal paziente (es. bambola o bambino), non bisogna mai portarla via dal paziente senza il suo permesso o senza fornire un motivo valido e non si deve mai sottrarla come forma di punizione.

Le bambole devono inoltre avere alcune caratteristiche specifiche:

  • corpi morbidi
  • occhi che si aprono e chiudono, per evitare che i pazienti possano temere che dormano o siano morte
  • facce e vestiti diversi, in modo che non siano uguali e non possano quindi essere confuse tra loro qualora i pazienti risiedano in strutture di lungodegenza e siano a contatto con altri ospiti coinvolti nella doll therapy

Quali sono i benefici della doll therapy?

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Come abbiamo visto, la doll therapy è finalizzata a ridurre l’ansia e a mitigare i disturbi comportamentali dei pazienti con demenza, favorendo ricordi emotivi piacevoli e stimolando l’interazione sociale.

Secondo gli studi condotti, le bambole sono infatti in grado di evocare sentimenti e comportamenti positivi nei pazienti. Possono infatti:

  • soddisfare il bisogno di vicinanza e sicurezza: l’accudimento della bambola porta i pazienti a sviluppare sentimenti di dolcezza e affetto che inducono in loro uno stato di rasserenamento
  • favorire la stimolazione sensoriale attraverso l’uso del tatto, che può avere un effetto rassicurante e una ricaduta positiva sull’autostima
  • rievocare memorie positive (come cullare e prendersi cura di un bambino): sebbene siano incapaci di ricordare per effetto della malattia, i pazienti con Alzheimer tengono traccia delle emozioni associate a eventi passati. Andare a stimolare quelle piacevoli può sollevare così il loro stato d’animo
  • migliorare la comunicazione: la presenza della bambola può essere per i malati motivo di interazione con altre persone, uno stimolo a partecipare alle attività dell’ambiente circostante e a uscire da uno stato di isolamento che può essere causa di depressione
  • alleviare i disturbi dell’umore e l’agitazione: i pazienti, concentrando la propria attenzione sulla bambola, possono trovare in essa un punto di riferimento emotivo ed essere così meno inclini ad accessi di rabbia o ansia

Tuttavia, è importante considerare l’adeguatezza di questa pratica per ogni singolo paziente, poiché le risposte possono essere molto variabili.

Quali sono le terapie non farmacologiche per Alzheimer e demenza?

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Le cure non farmacologiche sono interventi alternativi alla somministrazione di farmaci che, in virtù di un approccio terapeutico olistico, mirano a migliorare il benessere e la qualità di vita del paziente, agendo sulle sue funzioni cognitive ed emotive.

Tra le opzioni più praticate vi sono:

  • la stimolazione cognitiva attraverso giochi e attività che aiutano la memoria e la concentrazione
  • la terapia occupazionale, che favorisce l’autonomia della persona nell’espletamento delle varie attività quotidiane
  • trattamenti come la musicoterapia e la pet therapy, utili per ridurre gli stati d’ansia e i disturbi dell’umore, grazie all’esposizione del paziente all’influsso positivo della musica e del contatto con gli animali
  • gruppi di supporto o attività di gruppo, fonti di socializzazione fondamentali per favorire connessioni significative

Come tenere occupato un malato di Alzheimer?

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Mantenere occupato un paziente affetto da Alzheimer richiede un approccio delicato e personalizzato, che adatti le attività alle capacità e alle preferenze individuali. Le opzioni possono essere molteplici, ciascuna finalizzata a intervenire su specifici aspetti della salute psicofisica del paziente o della sua gestione della sfera quotidiana.

Attività sensoriali come la manipolazione di oggetti con diverse texture o colori possono coinvolgere e stimolare i sensi in modo positivo.

La musica, che offre insieme la stimolazione dell’udito e l’evocazione di una vasta gamma di sensazioni, può portare benefici emotivi. Anche l’interazione con la natura o gli animali può essere rassicurante e piacevole.

Lo svolgimento di attività quotidiane come piegare i panni o preparare cibi semplici può mantenere invece il paziente coinvolto nella routine giornaliera e migliorarne le abilità pratiche.

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Chi si occupa di demenza senile?

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La gestione della demenza deve coinvolgere un team multidisciplinare di professionisti che si dedichi, ciascuno sulla base delle proprie competenze specifiche, a soddisfare i bisogni del paziente e a supportare i caregiver:

  • specialisti medici come neurologi e geriatri si occupano di fornire una diagnosi ed eventuali terapie, monitorando nel tempo lo stato di salute generale dei pazienti
  • gli assistenti sociali forniscono supporto pratico e aiutano a trovare risorse comunitarie
  • i terapisti occupazionali e i fisioterapisti lavorano per mantenere le abilità motorie e cognitive dei pazienti
  • gli operatori sanitari domiciliari assistono i pazienti nelle attività quotidiane
  • psicologi e gruppi di supporto offrono sostegno emotivo a pazienti e familiari