Recentemente mi sono imbattuta in un lavoro del Journal of American College of Nutrition che affermava come la dieta vegetariana non sia soltanto amica dell’ambiente, ma anche della forma fisica: secondo questo nuovo studio, infatti, un regime alimentare vegetale sarebbe due volte più efficace di una convenzionale dieta nel ridurre il peso corporeo. I ricercatori del Physicians Committee for Responsible Medicine hanno analizzato le reazioni di 74 pazienti con diabete di tipo 2: alcuni seguivano una dieta vegetariana, altri una normale dieta che prevedeva l’assunzione di poche calorie. Dopo sei mesi, i vegetariani avevano perso in media 6,2 chilogrammi (con un calo significativo della massa grassa) mentre gli altri circa 3,2 chilogrammi.
Una premessa metodologica
↑ topDetto così potrebbe sembrare una notizia di una certa rilevanza, il tema è accattivante e attira sicuramente la mia attenzione, ma in questo articolo mi preme spiegarvi come vanno interpretate certe notizie e che criteri bisogno utilizzare prima di dare per certa un affermazione in ambito nutrizionale.
Anzitutto, un articolo non va solo letto ma va fatta una valutazione critica. È molto importante imparare a fare questo, specialmente in un mondo dove, grazie a internet, ogni giorno ci troviamo a leggere una quantità incredibile di notizie di ogni tipo. Dobbiamo partire da due presupposti importanti:
- In questo momento in campo alimentare abbiamo un ECCESSO di informazioni – ovvero troppe informazioni, tutte diverse, circolano sugli stessi canali rischiando di confondere la popolazione e peggiorare il lavoro dei professionisti
Dobbiamo essere consapevoli che TUTTI gli studi, anche i più validi contengono errori e che nel mondo scientifico, grazie alla ricerca continua, ogni affermazione è certa finché non si riesce a dimostrare il contrario. - Questo vuol dire che, se da una parte bisogna essere consapevoli che nel mondo del web girano tantissime notizie cosiddette “bufala” che non dobbiamo assolutamente prendere per vere, dall’altra anche affermazioni nate da studi validi, condotti in contesti di un certo livello, possono essere nel tempo confutate e questo non vuol dire assolutamente che qualcuno voglia “imbrogliarci” come spesso si sente dire, ma solo che la ricerca fa il suo compito, quello cioè di ricercare in continuo nuove verità.
Quando ci imbattiamo in un articolo sull’alimentazione dobbiamo quindi essere il più possibile critici e farci delle domande generali:
– Quali qualifiche ha chi ha condotto lo studio?
– Da chi è stato finanziato?
– L’autore tratta spesso questo argomento o è la prima volta che ne parla?
-Quanti erano i soggetti che hanno partecipato allo studio (uno studio con un gran numero di partecipanti ha sicuramente una validità diversa rispetto a uno studio formato da un campione piccolo e in questo caso 74 soggetti mi sembrano davvero pochi)?
– I due gruppi di persone erano paragonabili? Ovvero sono state scelte nei due gruppi persone con la stessa età, la stessa storia clinica, la stessa propensione al movimento e all’attività fisica, le stesse abitudini (o quanto meno paragonabili) etc.
Già se inizio a chiedermi questo sono in grado di leggere ogni articolo con occhi diversi. La situazione si fa ulteriormente più complicata quando le domande che mi pongo non sono più in campo generale ma in campo alimentare:
– Di che tipo di dieta vegetariana stiamo parlando? Lacto-ovo-vegetariana, lacto-vegetariana, ovo-vegeriana o pesco-vegetariana?
– Di che tipo di dieta “normale” ipocalorica stiamo parlando? Una dieta a basso contenuto di grassi, una dieta a basso contenuto di zuccheri, una dieta iperproteica…
– Da dove viene lo studio? America. Perfetto, una “normale” dieta americana ipocalorica potrà mai essere paragonata con una “normale” dieta italiana ipocalorica? No. Le abitudini alimentari sono diverse, gli alimenti sono diversi, le fonti di carboidrati sono diverse (pensate se togliessimo la pasta dalla nostra dieta e altri cereali tipici del mediterraneo dalla nostra alimentazione), le fonti di proteine sono diverse (in America il consumo di carni rosse e trasformate è proprio valutato in maniera diversa da come possiamo fare noi). Quindi potremo chiederci: avremo ottenuto gli stessi risultati se avessimo paragonato una dieta vegetariana americana con una dieta ipocalorica italiana?
– Come è stata valutata l’adesione alla dieta dei pazienti?
– I pazienti erano seguiti quotidianamente oppure, ad esempio, dovevano solo compilare un questionario mensilmente? Perchè io ad esempio posso pensare che una persona decide di seguire una dieta vegetariana sarà sicuramente spinta da motivazioni etiche, sociali, economiche, ecologiche etc. e quindi sulla carta è un soggetto che potrebbe seguire molto più scrupolosamente una dieta rispetto a un soggetto normale messo a dieta ipocalorica. Quindi siamo veramente sicuri che i soggetti a dieta normale abbiamo tutti seguito la dieta scrupolosamente allo stesso modo?
– Posso generalizzare i risultati nella vita di tutti i giorni? Cioè, come è stato condotto lo studio? Se ad esempio i pazienti fossero stati tutti chiusi in un istituto, con pasti controllati (tutti uguali fra le due diverse categorie), sottoposti allo stesso tipo di attività fisica etc. etc. i risultati sarebbero sicuramente attendibili, ma non applicabili nella realtà. Io posso estrapolare un concetto, come il fatto che la dieta vegetariana controllata non comporta carenze particolari e fa dimagrire di più di una dieta “normale”, ma la realtà può essere diversa. Nella quotidianità con una dieta vegetariana si rischia spesso di cadere nella monotonia perché mancano il tempo o le giuste informazioni per capire quali e quanti alimenti mangiare, come abbinarli etc.
In conclusione…
↑ topNon voglio sicuramente affermare che una dieta vegetariana non può essere più efficace di una dieta normovariata per perdere peso. Voglio solo far capire come ogni affermazione può essere scomposta in diverse parti e soprattutto come sia difficile in campo alimentare fare degli studi attendibili: in campo medico se voglio testare un farmaco la situazione è molto più semplice, prendo due campioni comparabili e a un campione somministro il farmaco all’altro un placebo (e anche qui si può sempre incorrere in diversi errori). In ambito alimentare è davvero complicato comparare diete diverse.
Se io volessi trovare del vero in questo articolo penserei sicuramente al fatto che una dieta ipocalorica generalizzata non è assolutamente accertato che sia una alimentazione valida a scopi dimagranti. Infatti per perdere massa grassa non conta solo quanto mangiamo, conta soprattutto cosa scegliamo di mangiare, la qualità dell’alimento. Una dieta “normale” ipocalorica può essere la classica alimentazione che la maggior parte delle persone sta conducendo in questo momento di forte caldo: riduzione drastica dei cibi “caldi” e quindi dei carboidrati, aumento dei cibi freschi e quindi dei cibi proteici ad alto contenuto di sale e grassi come formaggi freschi, affettati etc. sostituzione dei primi piatti con carboidrati da “accompagnamento” confezionati come crackers, grissini, taralli etc. aumento della frequenza dei cibi pronti e freddi, come panini, insalatone molto condite, cibi in scatola etc.Insomma: dieta “ipocalorica” non vuol dire dieta sana.
Da questo punto di vista la dieta vegetariana offre molti più spunti per fare scelte più salutari: se si tagliano tutti i derivati della carne e del pesce si evitano tantissimi cibi ricchi di grassi saturi e conservanti (pensiamo agli affettati e a tutti le carni trasformate). Quindi rappresenta sicuramente una scelta più che valida se vogliamo condurre un’alimentazione sana: l’alto consumo di carne e di derivati della stessa comporta un consumo maggiore di quelli che sono i cosiddetti grassi saturi, ovvero quei grassi che influiscono notevolmente sull’aumento dei nostri lipidi plasmatici (colesterolo totale, LDL, trigliceridi) e del grasso viscerale, cioè di quella porzione di tessuto adiposo che si accumula intorno agli organi vitali e aumenta notevolmente il rischio di sviluppare diabete, ipertensione, eventi cardiovascolari in generale, etc. Per questo la dieta vegetariana può sicuramente essere un’ottima alternativa per chi soffre di questi disturbi metabolici.
Dall’altra parte anche una dieta mediterranea normovariata a basso contenuto di grassi e zuccheri può essere una scelta eccellente e, se opportunatamente seguita, può dare gli stessi ottimi risultati in termini di abbassamento dei lipidi plasmatici e di rischio di sviluppare (o peggiorare) patologie metaboliche.
In conclusione, a mio avviso dobbiamo ritenerci fortunati perché abbiamo davvero tantissime scelte in campo alimentare che possono davvero fare la differenza sulla salute, sia in termini di prevenzione che in termini di cura.