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Pubblicato inGenitori

Sculacciata: sì o no? I motivi educativi

C’è chi la considera una lezione di responsabilità per il bambino, chi invece la giudica un gesto negativo sulla sua autostima. Vediamo quali potrebbero essere le conseguenze della sculacciata e quali le possibili alternative educative.

sculacciata

C’è chi è a favore e chi invece non ci pensa nemmeno, chi la considera un modo per crescere i figli e chi la pensa esattamente al contrario. Il dibattito sulla sculacciata ai bambini continua a tenere banco ancora oggi, anche se molti esperti ritengono che non sia una soluzione da adottare per molti motivi.

Proviamo a fare chiarezza in questo articolo della Dott.ssa Elena Saporiti, psicoterapeuta e referente del servizio bambini di Santagostino Psiche.

 

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Perché alcuni utilizzano la sculacciata?

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La sculacciata per molto tempo è stata utilizzata come metodo “educativo” per far fronte ad un bambino capriccioso, irrequieto e che non ascolta il genitore. Un gesto, nella tradizione comune, tramandato di generazione in generazione con l’idea che i bambini debbano fare quello che dicono i genitori nel modo e nei tempi dei genitori senza considerare il punto di vista del bambino.

Per alcuni ancora oggi è vista come un metodo per insegnare ai figli a comportarsi bene e a portare rispetto verso i più grandi.

In generale le sculacciate non sono mai da considerare un metodo educativo, anzi tutt’altro.

Tuttavia ci sono situazioni in cui i bambini, nonostante la pazienza dei genitori nel cercare di spiegargli cosa stiano facendo di sbagliato, continuano a perpetuare il comportamento non comprendendo il limite ed esasperando il genitore  stesso; in questi casi la pacca sul sedere data come gesto “dimostrativo”, senza assolutamente fare male, può aiutare il bambino a capire che ha raggiunto e superato il limite e quindi a contenerlo. Stando quindi ben attenti a non utilizzare questa modalità per sfogare la propria rabbia sul bambino stesso e umiliarlo con un gesto violento.

 Ci sono molti studiosi ed esperti che ritengono quindi non abbia alcun effetto positivo. I motivi sono molteplici, tra cui:

  • incide sull’autostima
  • rende il piccolo più aggressivo
  • può generare ansia
  • si insegna ai bambini che la violenza verso gli altri sia legittima
  • il bambino sente che il genitore non è capace di tranquillizzarlo in altro modo.

L’effetto negativo di una sculacciata quindi  incide:

  • sullo stato di benessere globale del piccolo
  • sulla sua emotività
  • sulla sua crescita psicologica.

Un bambino educato con “autorità” e non con “autorevolezza”  è un bambino che cresce con una sensazione di insicurezza e potrebbe sentirsi poco amato, di non valere.  Potrebbe percepirsi come inadeguato davanti al genitore, pensando  di non essere abbastanza bravo e temendo di essere sempre responsabile di qualcosa di sbagliato.

Sicuramente si sente sempre più debole quando è a confronto con un adulto che usa la forza. E questo si riflette nelle sue relazioni con gli altri in diversi contesti sociali e produce:

  • ansia
  • insicurezza
  • aggressività
  • rabbia.

Se la sculacciata viene utilizzata anche per punire un brutto voto o un comportamento sbagliato a scuola, questa  può generare nel bambino il timore che anche mentre si sta  imparando non si può sbagliare perché si viene puniti. È sempre importante ascoltare i propri figli, capire insieme a loro quali possono essere le difficoltà che incontrano ed essere disponibili ad aiutarli attraverso il dialogo, alla comprensione emotiva e a gesti amorevoli.

Quindi le sculacciate, anziché “educare”, rendano il piccolo insicuro, rabbioso, ansioso e  aggressivo: 

  • da un lato, si percepisce come un debole nei confronti dell’adulto.
  • Dall’altro si sfoga con i coetanei che identifica come deboli.

Un bambino al quale non viene spiegato in modo calmo cosa stia facendo di sbagliato non realizza cosa ha fatto di male e tende a ripetere il comportamento scorretto: un cortocircuito di emozioni e turbamenti che non fanno bene. 

La sculacciata ha un effetto temporaneo perché se il piccolo non ha gli strumenti per capire dove ha sbagliato, finisce per ripetere a più riprese il gesto per il quale è stato punito. Lo fa di nascosto, per non farsi vedere dai genitori, oppure lo considera un gesto di sfida nei riguardi di mamma e papà. 

Per pedagogisti, psicologi ed educatori che si oppongono a questa prassi, non c’è alcuna differenza: la sculacciata non ha un’età dalla quale è lecita e una per cui si può smettere.

 

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Le alternative

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Anche il genitore più tranquillo e sereno finisce con il perdere la pazienza in alcuni momenti di nervosismo e stanchezza. Una sculacciata può partire da chiunque e non è un dramma. Ci sono però alternative efficaci per intervenire sul figlio disobbediente e che ha commesso uno sbaglio dal quale imparare, come il rimprovero. 

È un modo di comunicare per trasmettere al bambino delle informazioni sull’errore compiuto. Il piccolo deve essere indotto a ragionare su ciò che ha commesso, facendogli capire le conseguenze che il gesto può avere.

Non basta dire cosa si può fare e cosa non è giusto: è necessario spiegarlo.

Al rimprovero si possono aggiungere:

  • il divieto di stare con gli amici e le amiche per un tempo limitato o in occasione di un evento particolare al quale il bambino tiene molto
  • imporre un’attività che non piace
  • obbligare il piccolo a stare da solo in camera, senza uscire. 

Tutte queste alternative devono però dimostrarsi all’altezza della situazione: minacciare una punizione, senza poi agire, rende tutto vano.

  • La punizione deve essere tempestiva: in questo modo si crea un nesso di causalità tra la punizione stessa e il comportamento che l’ha resa necessaria.
  • Deve essere motivata perché il bambino comprenda e capisca. Va “spiegata” e non soltanto impartita.
  • È fondamentale che sia rispettata. Se i genitori non si impegnano perché il bambino la rispetti, il gesto perde di credibilità e valore e non ha alcun effetto sul futuro. 

Si evita qualsiasi tipo di contatto e approccio violento e si attua una strategia educativa che non incide negativamente sull’autostima e sulla sicurezza del piccolo. 

Il linguaggio è un’arma in più. Pensare che un bambino non sia in grado di capire è sbagliato. Il tono di voce con il quale ci si rivolge e l’approccio autorevole, ma non aggressivo e alterato accompagnano il piccolo a comprendere e a riflettere.

Un dialogo di parole e simboli che gli permette di ragionare sulle sue azioni e di ripensare all’errore.