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Pubblicato inTerza età

Perché la frattura del femore è pericolosa?

Tra gli anziani la rottura del femore è un evento frequente che può avere conseguenze gravi, se non trattato in modo tempestivo. Scopriamo quali sono i pericoli legati a questo trauma, le possibilità di cura e le tempistiche di riabilitazione

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La rottura del femore è pericolosa per le persone che ne sono colpite, per la maggior parte anziani, che, proprio perché avanti con gli anni, sono più soggetti a condizioni patologiche e fattori di rischio che ne favoriscono l’incidenza.

Ma perché la rottura del femore è così problematica? In quali circostanze tende a verificarsi e come va trattata? Facciamo chiarezza con l’aiuto della dott.ssa Giulia Bonini, geriatra del Santagostino.

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Quando ti rompi il femore cosa succede? Quali sono i sintomi?

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La frattura del femore è un evento che accade più comunemente nella popolazione anziana ed è causata generalmente da una caduta a terra. L’incidenza di frattura di femore aumenta sopra i 75 anni e le donne presentano un rischio più che raddoppiato rispetto agli uomini. Questo perché le persone anziane sono più inclini a sviluppare condizioni come la fragilità ossea e articolare, la debolezza muscolare o la pesantezza alle gambe, che compromettono la stabilità e favoriscono dunque il rischio di cadute.

Talvolta la frattura di femore può essere causata anche da traumi a bassa energia e questo accade in particolare nelle persone anziane affette da osteoporosi, patologia che rende l’osso molto fragile. Si verifica in questi casi un indebolimento progressivo del tessuto osseo, che provoca dolore e difficoltà a stare in piedi e a deambulare.

I segni e i sintomi di una frattura di femore sono generalmente:

  • dolore all’arto fratturato che può irradiarsi dall’inguine al ginocchio;
  • difficoltà a muovere l’articolazione coxofemorale (il punto in cui la testa del femore si inserisce nella cavità acetabolare presente nell’anca);
  • difficoltà o impossibilità alla deambulazione;
  • l’arto fratturato appare accorciato, addotto (ovvero avvicinato all’altro) ed extra-ruotato (con il piede rivolto verso l’esterno) rispetto al controlaterale.

Altri sintomi legati alla rottura di femore sono quelli dovuti alle possibili complicanze della frattura, e queste possono comprendere:

Il rischio di insorgenza di complicazioni è direttamente proporzionale al tempo che passa dalla frattura. Più tardi si interviene, più probabilità c’è che il quadro clinico peggiori.

Cosa comporta la rottura del femore in un anziano?

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La rottura di femore nell’anziano è un evento che è gravato da una elevata mortalità, morbilità e disabilità. Si stima infatti che circa il 29-50% dei soggetti anziani con frattura di femore non riesca a recuperare i livelli di autonomia pre-frattura.

Visto l’impatto della frattura di femore sulla popolazione anziana, in presenza di trauma e di sintomi sospetti è importante recarsi subito in Pronto Soccorso così che possa essere posta una diagnosi sulla base dell’anamnesi, dell’esame clinico e dell’esame radiologico e di conseguenza possa essere impostato l’iter terapeutico più adeguato. Intervenire il prima possibile è determinante per scongiurare il rischio di complicanze e ridurre i tempi in cui i pazienti dovranno restare a riposo a letto.

Come si svolge la riabilitazione? Quali sono i tempi di recupero dopo l’operazione?

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Il trattamento solitamente indicato nella frattura di femore è quello chirurgico, che dovrebbe essere svolto entro due giorni dall’evento traumatico. Si tratta di un intervento che comprende la riduzione della frattura e il posizionamento di mezzi di sintesi (chiodo, placca, viti). In alcuni casi, può includere anche la realizzazione di una protesi dell’anca.

In seguito all’operazione chirurgica, il paziente dovrà affrontare un periodo di riabilitazione, per recuperare la mobilità persa. Il percorso riabilitativo inizia nei giorni di ricovero successivi all’intervento con esercizi respiratori e cambi nella postura, volti a evitare complicazioni post operatorie. Si passa poi all’attività fisioterapica vera e propria, non appena il paziente riesce a stare seduto e poi ad alzarsi in piedi aiutandosi con ausili quali stampelle e deambulatori.

L’attività riabilitativa comprende esercizi di potenziamento muscolare, mobilità articolare e coordinazione. È uno strumento fondamentale per riacquisire il controllo dei movimenti e scongiurare i rischi e le patologie post operatori (specialmente cardiovascolari) associati all’immobilità. Serve inoltre a motivare i pazienti nel recupero delle proprie facoltà motorie e delle abitudini quotidiane: il desiderio di tornare a muoversi è un motore importante per affrontare questa fase impegnativa e trarne beneficio in tempi più brevi.  

I tempi di recupero da una rottura al femore variano a seconda delle condizioni del paziente, del tipo di frattura, del tipo di intervento e dell’insorgenza o meno di complicanze. Spesso sono necessari anche 2-3 mesi per una buona ripresa del cammino, soprattutto considerando che gli anziani sono pazienti fragili con polipatologie e questo rende i tempi di recupero più lunghi rispetto ad un giovane.

Quando un femore rotto non è operabile?

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Solitamente le fratture di femore vengono operate. L’impossibilità di eseguire un intervento chirurgico è legata alla presenza di specifiche patologie o a condizioni di estrema fragilità del paziente anziano che rendono l’operazione troppo rischiosa e quindi non attuabile.

Cosa succede se non si opera una frattura del femore?

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La mancata operazione di una frattura di femore comporta un allettamento prolungato con tutori appositi per contenere, immobilizzare l’arto e stabilizzare la frattura. Una rottura di femore non operata è pericolosa perché aumenta la mortalità ed il rischio di gravi complicanze come la trombosi venosa profonda, la comparsa di ulcere da pressione, infezioni anche polmonari etc.

Quanto si può vivere con un femore rotto?

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Il tasso di mortalità ad un anno dopo una frattura di femore varia tra circa il 12% e il 37% ed è correlato a fattori come:

  • l’età del paziente
  • le comorbidità preesistenti
  • l’insorgenza di complicanze
  • lo stato di performance fisica e funzionale del paziente prima dell’evento traumatico