- La gravidanza non è controindicata
- Quali i rischi?
- Il ruolo del counseling sulla preservazione della fertilità
- Necessaria una rete di centri per l’oncofertilità
Nelle donne che hanno avuto un tumore al seno non si registra un aumento della possibilità di avere figli con difetti congeniti né di complicazioni della gravidanza o del parto. È il risultato di una meta-analisi che ha visto il coinvolgimento di quasi 115mila pazienti, presentata al San Antonio Breast Cancer Symposium 2020.
La gravidanza non è controindicata
↑ topL’analisi combinata di 39 studi è stata condotta dal gruppo di ricerca di Lucia Del Mastro, responsabile della Breast Unit del Policlinico San Martino di Genova. Si tratta dello studio con la casistica più ampia al mondo di giovani donne con pregresso carcinoma mammario e successiva gravidanza.
«Nel 2020, in Italia, sono stati stimati quasi 55mila nuovi casi di tumore della mammella. Il 6% riguarda donne under 40, pari a circa 3300 diagnosi», ha spiegato l’oncologa. Dallo studio emerge che «non vi è un aumento significativo del rischio di malformazioni congenite per il neonato, né della maggior parte delle possibili complicazioni legate alla gestazione e al parto. Non emergono peggioramenti della prognosi oncologica per le pazienti, in termini di ripresa della malattia. Pertanto la gravidanza non deve essere controindicata».
Quali i rischi?
↑ topIn base ai risultati, rispetto alle pazienti con cancro al seno che non hanno avuto una gravidanza successiva, quelle che sono rimaste incinte avevano un rischio di morte ridotto del 44% . In calo anche il rischio di recidiva della malattia (-27%).
Dalla ricerca emerge tuttavia che le donne in età fertile, che hanno vinto la battaglia contro il tumore al seno, hanno meno probabilità di rimanere incinte, ridotta del 60%. «Le probabilità di gravidanza sono inferiori non solo rispetto alla popolazione generale. Questo avviene anche rispetto a donne con altri tipi di tumore, ad esclusione di quello della cervice uterina», ha riferito l’autrice.
Inoltre, queste donne possono incontrare rischi maggiori come il parto pretermine (+45%), il basso peso alla nascita (+50%), il ritardo di crescita intrauterina (+16%), subire un taglio cesareo (+14%).
Il ruolo del counseling sulla preservazione della fertilità
↑ topDall’analisi, come detto, emerge che le donne che hanno avuto un tumore al seno hanno meno probabilità di concepire. Questo evidenzia l’importanza di offrire alle pazienti un counseling adeguato sulla preservazione della fertilità. Le opzioni oggi disponibili sono il congelamento degli ovociti o del tessuto ovarico e farmaci come gli analoghi dell’LH-RH che mettono a riposo le ovaie.
«In Italia la percentuale di coloro che hanno almeno un figlio dopo la diagnosi di carcinoma mammario è tuttora molto bassa. Solo il 3% tra le donne di età inferiore a 45 anni e l’8% se si considerano le under 35. Tra i motivi, vi è la paura che la gravidanza possa avere un effetto negativo sia sulla prognosi della paziente sia riguardo a possibili complicanze sul feto», ha aggiunto Del Mastro.
Necessaria una rete di centri per l’oncofertilità
↑ topGli autori dello studio affermano che il desiderio di gravidanza della paziente deve essere una componente essenziale del suo piano di cura. La diagnosi di carcinoma mammario non implica rinuncia al desiderio di maternità.
«Tuttavia non esiste per il momento una Rete dei centri di oncofertilità che possa assicurare a tutte le donne la possibilità di diventare madri dopo la malattia», ha sottolineato Del Mastro. «Un desiderio che continua a essere sottovalutato».
Foto: People photo created by valeria_aksakova – www.freepik.com