Ogni anno il 12 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro la polmonite. Questa patologia, solo nel 2019, ha causato due milioni e mezzo di morti, di cui 672 mila bambini. Nel 2020, il Covid-19 ha fatto salire questo bilancio a oltre quattro milioni di vittime, rendendo quella ai polmoni l’infezione che uccide di più in tutto il pianeta.
L’edizione di quest’anno della Giornata cade in concomitanza con la Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (COP 26). Rappresenta, quindi, l’occasione non solo di sensibilizzare l’opinione pubblica su una malattia tanto pericolosa, ma anche sui fattori di rischio, come l’inquinamento atmosferico, che possono renderla ancora più letale.
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Inquinamento atmosferico principale fattore di rischio
↑ topL’inquinamento atmosferico rappresenta il principale fattore di rischio di morte per polmonite in tutte le fasce d’età. Solo nel 2019 la polmonite da inquinamento atmosferico ha ucciso quasi 750 mila persone, di cui 423 mila per inquinamento domestico dell’aria e 326 mila per inquinamento atmosferico esterno. Circa un terzo del totale delle morti per polmonite in tutto il mondo sono, infatti, attribuibili all’aria inquinata.
Tra le fasce della popolazione più a rischio ci sono i bambini e gli anziani. I primi hanno una suscettibilità maggiore all’inquinamento domestico, dovuto all’utilizzo regolare di combustibili e tecnologie inquinanti per riscaldare, illuminare e cucinare. La salute respiratoria degli anziani, invece, è messa più a rischio dall’inquinamento atmosferico esterno che comprende, ad esempio, le polveri sottili, gli agenti inquinanti emessi dalle industrie o dagli scarichi delle automobili.
Le morti per polmoniti da inquinamento
↑ topA livello globale, ci sono alcuni Paesi che più di altri pagano il prezzo dell’inquinamento atmosferico. Il 90% delle morti dovute alla scarsa qualità dell’aria, infatti, è concentrato in 40 paesi a basso e medio reddito. L’inquinamento atmosferico causa oltre il 50% di tutte le morti per polmonite in molti paesi africani. Lo stesso discorso può essere fatto anche per i paesi asiatici. In molte regioni di Africa e Asia starebbero, da un lato, diminuendo le morti per polmoniti da inquinamento domestico, mentre dall’altro starebbero aumentando i decessi per polmoniti da inquinamento atmosferico esterno.
Da questi numeri emerge chiaramente come ridurre l’inquinamento atmosferico rappresenti un’urgenza. Anche e soprattutto per la salute pubblica e non solo per ambiente ed economia globale.
In questo contesto, sono ancora i bambini più poveri ed emarginati a pagare il prezzo più alto. Anche a causa delle maggiori probabilità di essere malnutriti e di non poter beneficiare di condizioni igieniche adeguate. I bambini dei paesi a basso reddito hanno, inoltre, meno probabilità di essere vaccinati, di ricevere una diagnosi tempestiva e, di conseguenze, di essere adeguatamente trattati.
Entro il 2030, secondo le stime dell’organizzazione no profit Every Breath Counts Coalition, la polmonite potrebbe uccidere quasi 6 milioni di bambini in più. Per questa ragione, è fondamentale intraprendere azioni decise e immediate.