- Mangiare meno? No, mangiare meglio
- 11 milioni le morti causate da una dieta sbagliata
- 11 consigli per migliorare l’alimentazione
- Un percorso “accompagnati”
Che la dieta e l’obesità abbiano un impatto sull’aumento della mortalità generale lo si sa dagli anni 90, grazie a un famoso articolo uscito sul New England Journal Medicine, dove per la prima volta è emerso come un indice di massa corporea sopra e sotto l’intervallo della normalità (18- 25), sia associato a un aumento della mortalità indipendentemente dalla presenza di altre patologie.
Mangiare meno? No, mangiare meglio
↑ topDa quegli anni in poi, partendo dal fatto che il BMI rappresenta un forte predittore di mortalità totale, ci si è spesso domandato su cosa focalizzarsi per influire positivamente sulla salute della popolazione. Si è quindi iniziato a indagare sui fattori più nocivi per lo stato di salute del soggetto, puntando il dito contro i grassi totali, i grassi saturi, la carne rossa e trattata, gli zuccheri… Incentrandosi più su regimi alimentari a esclusione (cosa NON si può mangiare) piuttosto che a inclusione (cosa è MEGLIO mangiare).
Uno studio recente pubblicato su Lancet, è riuscito a ribaltare l’impostazione della cosiddetta “dieta salutare” ponendo l’attenzione, più che su un concetto di eliminazione di alcune classi di nutrienti perché nocivi per la salute, sulla qualità della dieta e sull’importanza di inserire prodotti vegetali nell’alimentazione quotidiana.
È emerso che un elevato consumo di cereali raffinati e di sale unito a un basso consumo di frutta, legumi, cereali integrali, noci e omega 3, siano alla base degli errori che impattano maggiormente a livello mondiale sulla mortalità.
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11 milioni le morti causate da una dieta sbagliata
↑ topDa questo studio è infatti risultato come nel 2017 11 milioni di morti siano state correlabili a una cattiva dieta, superiori alle morti connesse al fumo (circa 7 milioni); le malattie moderne come quelle cardiovascolari, i tumori, le malattie autoimmuni, non hanno un solo fattore causale scatenante, ma sono definite multifattoriali. Influire anche su un solo fattore di rischio può avere un impatto preventivo enorme a livello di popolazione. Tra gli elementi su cui noi possiamo agire con le scelte quotidiane, spicca proprio la componente alimentare, ciò che decidiamo di assumere durante i pasti.
11 consigli per migliorare l’alimentazione
↑ top- Assumi la verdura come “primo piatto” invece che considerarlo un contorno, questo permetterà di sentirti già in parte sazio e non rischiare di eccedere in altro
- Tieni in frigo pronta della verdura tagliata a julienne quando percepisci l’impulso di sgranocchiare qualcosa
- Utilizza più spezie e meno sale per insaporire i piatti, da inserire a fine cottura!
- Evita le bevande zuccherate e i prodotti preconfezionati
- Preferisci l’assunzione di frutta intera e frullati fatti in casa, al posto degli estratti e succhi di ogni genere
- Non zuccherare il caffè e il the, questo può essere un primo passo per abituarsi al sapore reale delle cose. Ogni cucchiaino di zucchero apporta circa 20 kcal!
- Abituati a consumare prodotti integrali. Questi non hanno un minor apporto energetico, ma sono migliori sotto il profilo nutrizionale poiché apportano più fibra, minerali e vitamine
- Abituati ad avere sempre in borsa un sacchettino di frutta a guscio come spezza fame, facile e comodo da trasportare
- Usa come principio per la scelta del menù settimanale la varietà e la stagionalità della frutta e della verdura per beneficiare appieno delle caratteristiche del prodotto
- Prediligi come fonte proteica il pesce azzurro, fonte primaria e nostrana di grassi omega 3
- Consuma almeno tre volte alla settimana i legumi, fonte primaria di fibra solubile
Un percorso “accompagnati”
↑ topSpesso da soli, però, è difficile. Serve un adeguato percorso, nel quale ci si senta “accompagnati”. Al Santagostino c’è un team di nutrizionisti dedicati a chi vuole cambiare le proprie abitudini alimentari per mantenersi in salute e vivere più a lungo. Il percorso si sviluppa attraverso una conoscenza dettagliata della storia clinica e personale del paziente e lavora sull’educazione alimentare, sulla promozione di un adeguato livello di attività fisica e un supporto prolungato nel tempo, fino al raggiungimento degli obiettivi stabiliti.