Sei emendamenti fotocopia puntano a modificare l’articolo 46 del Ddl Concorrenza in discussione al Senato per ostacolare l’attività delle cliniche odontoiatriche. Luca Foresti, ad del Centro Medico Santagostino: «La lobby cerca di fermare l’inarrestabile penetrazione delle catene odontoiatriche nel mercato, che ha portato a un abbassamento dei costi per i pazienti e maggiore possibilità di scelta»
Obbligare le cliniche odontoiatriche ad avere soci iscritti all’Albo degli odontoiatri che posseggano due terzi del capitale sociale e lo stesso direttore sanitario iscritto all’Albo. Questo il senso di un “emendamento fotocopia” presentato da sei senatori in commissione Industria al Senato, dove si sta esaminando il Disegno di legge n. 2085, legge annuale per il mercato e la concorrenza. Si tratta di senatori del Pd, Ncd, Pdl, M5s e del Gruppo Misto (consultabili qui dal 46.26 al 46.31)
«L’ANDI (Associazione Nazionale Dentisti Italiani)», commenta Luca Foresti, amministratore delegato del Centro Medico Santagostino, «non sapendo come fermare l’inarrestabile penetrazione delle catene odontoiatriche nel mercato, con conseguente abbassamento dei costi per i pazienti e maggiore possibilità di scelta, decide di giocarsi la carta del protezionismo».
«L’assurdità di questo emendamento», aggiunge Foresti, «è autoevidente, dato il processo di liberalizzazione partito nel 2006 con Bersani e che risulta necessario per lo sviluppo economico del nostro Paese. Così possiamo tutti, su questo esempio, capire come funziona una lobby nel nostro Paese. Notate come la mano che ha scritto questi 6 emendamenti sia la stessa e sia arrivata a tutti i partiti».
«L’obiettivo», aggiunge Foresti, «è evidente. Bloccare con una norma un mercato, quello dell’odontoiatria a prezzi contenuti, che è cresciuto tantissimo negli anni. E che ha consentito a tantissimi pazienti di accedere alle cure dentali senza spendere cifre impossibili e senza dover sobbarcarsi le trasferte all’estero dove i costi sono più contenuti. Il Santagostino, in 7 anni ha visto crescere del 60% all’anno il numero di prestazioni erogate».
«Certo», aggiunge Foresti, «la concorrenza ha fatto abbassare i costi e ha ridotto i margini di guadagno per i professionisti. Fare il dentista non è più, come un tempo, un eldorado fatto di guadagni altissimi e sicuri. I professionisti che lavorano da noi, tutti con esperienze e alto livello di specializzazione, guadagnano il giusto anche grazie alla sostanziale garanzia di avere sempre le agende piene. L’interesse del legislatore dovrebbe coincidere con quello dei cittadini, in questo caso i pazienti. E non con quello di una categoria. Ci auguriamo quindi che l’emendamento venga ritirato e che ci si confronti sulla qualità delle prestazioni, la trasparenza dei prezzi e la soddisfazione dei pazienti».