Senza glutine, una dieta scelta da molte persone anche senza una diagnosi di celiachia. Ma non solo è sbagliato, è anche rischioso: la gastroenterologa ci spiega perché
↑ topLa vendita di alimenti senza glutine è più che raddoppiata in 2 anni (+ 136% dal 2013 al 2015): questo dato non va di pari passo con la diagnosi di celiachia. Gli italiani riconosciuti celiaci sono infatti 164.500 (dato del 2013) ma, con una prevalenza europea e italiana dell’1%, il numero teorico dovrebbe essere pari a 600.000.
Questo significa, da un lato, che la scelta di un’alimentazione senza glutine avviene per scelta dell’acquirente e non sulla base di un consulto medico ed esami appropriati, magari semplicemente sulla base di credenze e falsi miti che dicono che il glutine faccia male alla salute. Dall’altro lato significa che 5 celiaci su 6 restano non riconosciuti.
Le autodiagnosi comportano poi un altro rischio: impediscono l’accertamento di malattia celiaca vera con le conseguenze, anche gravi, del caso.
Che cosa è la Celiachia
La celiachia, o malattia celiaca (MC), è una patologia di tipo autoimmunitario scatenata dall’ingestione di glutine nei soggetti geneticamente predisposti. La MC, primariamente localizzata nell’intestino tenue ma di natura sistemica, è una delle patologie permanenti più frequenti, in quanto colpisce circa l’1% della popolazione generale su scala nazionale e mondiale.
Il glutine è la frazione proteica principale del frumento (circa 80%) e la proteina maggiormente rappresentata nella dieta della popolazione europea (10-20 g/die).
A parte la predisposizione genetica e l’ingestione di glutine, altri fattori ambientali sembrano giocare un ruolo nel modulare il rischio di sviluppare celiachia, quali la tipologia del microbioma intestinale, specie nelle prime epoche della vita, le modalità del parto, la nutrizione infantile o le infezioni.
Strategie diagnostiche
Oggi è possibile effettuare la diagnosi sierologica con un prelievo di sangue che dosa specifici anticorpi. La conferma è ottenuta dalla biopsia della mucosa duodenale in corso di una normale gastroscopia che rivela l’appiattimento della mucosa e presenza di linfociti in quantità anomala.
Follow up
Un controllo entro 6-12 mesi dalla diagnosi e, successivamente, ogni 1-2 anni (salvo complicanze) è sufficiente per verificare la compliance alla dieta senza glutine, verificare la comparsa di malattie auto-immuni e/o alterazioni metaboliche (che possono comparire anche in soggetti celiaci trattati) e soprattutto, diagnosticare precocemente l’eventuale comparsa di complicanze.
Che cosa NON va fatto
– Eseguire la dieta senza glutine «per prova»
– Utilizzare il dosaggio degli anticorpi antigliadina nativa (AGA) per la diagnosi di celiachia
– Sospettare la celiachia per sintomi acuti, anafilattici, anche gastrointestinali, che appaiono in stretta relazione temporale con l’assunzione del glutine.
Gluten Sensitivity
La sindrome di sensibilità al glutine in assenza di celiachia (NCGS) è caratterizzata dalla presenza di sintomi intestinali all’ingestione di glutine in pazienti in cui sono state escluse MC e allergia alle proteine del frumento.
Nonostante un aumento di pazienti con tali caratteristiche l’esistenza stessa della sindrome è messa in dubbio da numerosi esperti. Che sintomi, tutti soggettivi, migliorino all’esclusione del glutine e peggiorino al suo reinserimento, viene collegato all’effetto placebo e nocebo ben noto nelle diete di esclusione. D’altra è parte difficile effettuare studi in cieco e doppio cieco.
È fondamentale combattere l’autodiagnosi e l’esclusione del glutine prima di accertamenti, sia nell’adulto che nel bambino.
Solo se il medico ritenga di disporre di evidenze sufficienti di NCGS potrà cautelativamente indirizzare il paziente a evitare il glutine per meglio controllare i sintomi.
Non vi sono evidenze che la NCSG sia soggetta a complicanze o si converta in MC.