La salute non è più solo assenza di malattia, ma una costante ricerca di armonia e di benessere. Ne parliamo con Henri Chenot, uno dei più grandi nutrizionisti del mondo, pioniere della medicina preventiva
Noi tutti vogliamo essere belli, ci muove un innato narcisismo che è adattivo, ovvero aiuta alla sopravvivenza, fa parte delle dinamiche di seduzione, competizione nel gruppo, di accettazione nel branco…. È un pezzo di repertorio ereditato comunque da animali più semplici di noi, pensiamo ai pavoni o alle criniere dei leoni, che sono elementi di corteggiamento e seduzione.
Ma cosa cerca la gente veramente? Perché lottiamo spesso per non invecchiare? È un desiderio sano? Assimilabile a quello di combattere la paura della morte? È nella bellezza e nella cura del corpo che possiamo trovare la felicità? È un mito quello del super benessere, ma oggi forse, non è solo un mito, è proprio uno stile di vita che molti di noi abbracciano quasi inconsapevolmente. Ma ci fa stare bene davvero? Cioè: desiderare costantemente superarsi, vivere sempre meglio, sempre di più, sempre più a lungo, sempre più performanti, più intelligenti… è questa la via del benessere?
Inoltre, essendo la salute un valore assoluto e un bene primario da preservare, in uno Stato che ci dota di un sistema sanitario nazionale, cosa deve dire e fare l’istituzione per aiutare le persone a trovare la propria strada per il benessere, che, possiamo tranquillamente dire, non è solo quella dell’assenza della malattia, ma è quella della prevenzione, della promozione di uno stile di vita non schizofrenico, dove non c’è tempo per mangiare o per stare con i figli, dove le persone non hanno più attimi per la riflessione, dove la gente confonde il cliché estetico con il proprio modo di sentirsi vivo? L’istituzione deve prendere parola su questo?
Ne parliamo con uno dei massimi esperti mondiali di benessere, Henri Chenot.
Perché la gente vive in modo sbagliato?
Perché manca il sapere. Il sapere ti permette di fare delle scelte e quando conosciamo possiamo decidere di fare qualcosa o di non farlo. ll non sapere tendenzialmente può incorrere in un errore di valutazione.
Come ci si pone davanti alle persone che cercano benessere? Sanno cosa vogliono, vanno indirizzate o vanno lasciate fare? Si affidano? Come funziona?
La cosa fondamentale è dire loro la verità. L’idea principale dalla quale iniziare la valutazione è l’individualità.
Esistono infatti delle differenze genetiche vistose fra i diversi individui, possiamo essere alti con gli occhi scuri oppure bassi con gli occhi azzurri, ad esempio. Partendo da questo concetto è importante che ognuno capisca la propria unicità e la accetti, senza riferirsi a falsi modelli.
Perché cambiare?
Se il disagio è insopportabile, la persona potrà modificarsi quasi naturalmente. Se è un sogno, è meglio che tale rimanga.
Ha senso il super benessere?
Ognuno di noi viene su questa terra per fare delle esperienze umane. Il super benessere non ha senso, l’uomo è evolutivo e l’evoluzione passa attraverso l’esperienza.
Ha senso coltivare il mito della bellezza? Che significato da alla medicina estetica? Come si coniuga con il benessere? Se la bellezza diventa un mito, si va verso una disillusione.
La Medicina Estetica mi va bene purché rispetti la naturalità e le caratteristiche personali. Ognuno di noi ha il proprio concetto di benessere e lo esprime in modi diversi, chi pensa a stare con la famiglia, chi al denaro, chi alla propria attività lavorativa … e ognuno ha il suo modo di viverlo.
Quali sono secondo lei le 5 cose che lo Stato o chi decide le regole potrebbe/dovrebbe fare per garantire di più benessere?
Nessuno può avere o dare garanzia sul benessere. Il cervello ha due impostazioni diverse. La parte sinistra dove troviamo la razionalità e l’apprendimento e la parte destra, ricca di intuito e creatività. L’importante sarebbe fare convivere in armonia i nostri due cervelli, essendo noi stessi a decidere cosa è meglio per noi appunto… senza l’imposizione di alcuna regola ! È soggettivo.
Come si incrocia la via del benessere con la strada della malattia? Mi racconta della sua esperienza al policlinico di Cannes?
Dipende di che tipo di malattia si parla. Il cancro è una malattia difficile da gestire, anche se facciamo sempre maggiori progressi al riguardo. Le peggiori delle malattie sono invece quelle mentali, come per l’Alzheimer, dove diventa difficile intendere e volere e quindi intervenire. La mia esperienza al Policlinico di Cannes mi ha fatto capire tutto quello che non dovevo fare. È stata un’esperienza di vita,
di riflessione, che mi ha aperto una strada diversa da quella alla quale avevo pensato quando tutto è iniziato.
Cosa aggiunge la medicina alternativa alla medicina tradizionale? Mi da la sua visione fra bioenergetica, medicina, naturopatia etc.?
Penso che la parola medicina alternativa non sia giusta, perché mi attira molto di più la parola medicina preventiva.
La medicina tradizionale è basata sulla scienza, i fatti reali e le diverse possibilità d’intervento (medicinali, chirurgia …).
La bioenergetica, dove i primi a pensarci sopra più di 2000 anni fa sono stati gli studiosi di Medicina Cinese, con l’aiuto della scienza moderna permette di prevenire i disagi. La naturopatia ha messo di tutto dentro il suo insegnamento, ma il problema globale e dell’insieme è di rimanere in ascolto, capire i propri limiti e allontanare il fanatismo.
Quali sono le epoche della vita più felici e quali le più critiche?
Questo dipende evidentemente da noi stessi. La nostra educazione, la nostra consapevolezza, la nostra umiltà e soprattutto la nostra capacità di sintesi, sapersi prendere in giro e rimanere sempre all’ascolto di se stessi.
E forse è proprio vero…la medicina nella sua essenza, è anche e soprattutto ascolto, individualizzazione, cultura ed equilibrio. Ed è forse questo che le persone cercano nell’antiaging? Nella medicina estetica? Nella medicina alternativa? Ed è forse questo che manca alla medicina tradizionale? Quella riduzionista, quello in cui l’ascolto è solo uno strumento della analisi semeiologica al pari dello stetoscopio? Lo vedremo e lo vediamo, noi medici, se lo ricerchiamo, negli occhi dei nostri pazienti.