Alte concentrazioni di CO2 in ambienti chiusi sarebbero associate ad un rischio maggiore di trasmissione del Covid 19. Lo rivela una ricerca condotta dall’Università del Colorado Boulder e dal Cires, il Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences. Ecco i principali risultati dello studio e le conclusioni che ne sono state tratte.
Un termometro del rischio di trasmissione
↑ topIl presupposto di partenza della ricerca è che le persone infette espirano il virus nello stesso momento in cui espirano anidride carbonica. Questo vuol dire che la CO2 può agire da “proxy” per la quantità di virus presente nell’aria. Di conseguenza, “il monitoraggio della CO2 – spiega Zhe Peng, ricercatore del Cires e autore principale dello studio – è davvero l’unica opzione pratica e a basso costo che abbiamo a disposizione”.
Monitorare il rischio di infezione da Covid-19 nei luoghi chiusi è stata ed è una sfida per molti ricercatori di tutto il mondo. Le soluzioni per raggiungere questo scopo sono state molteplici. Alcuni hanno provato a sviluppare strumenti in grado di rilevare i virus presenti nell’aria, altri hanno testato attrezzature di laboratorio esistenti da decine di migliaia di dollari. I ricercatori dell’Università del Colorado e del Cires, invece, si sono rivolti direttamente a chi produce dispositivi di monitoraggio dell’anidride carbonica. Li hanno testati in laboratorio e ne hanno confermato l’accuratezza. Dopodiché, hanno sviluppato un modello matematico che descrive:
- il modo in cui una persona infetta espira virus e CO2
- come i virus e i gas si accumulano nell’aria di un luogo chiuso
- come vengono rimossi dalla ventilazione
I livelli di rischio sono relativi
↑ top“Non si è mai al sicuro in casa condividendo l’aria con gli altri, ma si può ridurre il rischio”, ha spiegato Jose-Luis Jimenez, co-autore della ricerca, membro del Cires e professore di chimica presso l’Università del Colorado Boulder.
Non è possibile stabilire un livello di CO2 standard in presenza del quale un locale interno sia sicuro o meno. Molto, infatti, dipende dal tipo di attività che viene praticata in esso. Ad esempio, un livello di CO2 pari a mille ppm (di gran lunga superiore ai livelli medi esterni di 400), può essere accettabile e relativamente sicuro in una biblioteca in cui le persone indossano le mascherine. Non lo è, invece, in una palestra. L’esercizio fisico praticato senza dispositivi di protezione individuale cambia, infatti, significativamente la quantità di aria espirata e inspirata.
Tuttavia, il modello matematico elaborato dai ricercatori può aiutare a calcolare il rischio relativo di ogni spazio interno. Se, ad esempio, i livelli di anidride carbonica in una palestra scendono da 2800 a 1000 ppm, anche il rischio di trasmissione del Covid-19 scende di circa il 25%. “Ovunque si condivide l’aria – conclude Jimenez – più bassa è la CO2, minore è il rischio di infezione”.