Oltre l’80% dei genitori di bambini 0-11 anni consente l’uso di smartphone e tablet ai propri figli, oltre il 40% li lascia soli davanti allo schermo, oltre la metà li usa come “intrattenimento” per farli stare buoni. I risultati di un sondaggio del Santagostino tra i suoi pazienti, con il commento della pediatra e sette “domande scomode” ai genitori
↑ topElettronica e bambini: sì, no, quando e quanto? La discussione è aperta e la scienza cerca di orientare le scelte dei genitori in questo senso. Di recente l’American Academy of Pediatrics ha riveduto le sue linee guida, pubblicando uno strumento interattivo chiamato «Family Media Plan» che aiuta i genitori a comprendere quali tipi di media sono più adeguati alla fascia d’età dei loro figli, per quanto tempo nell’arco della giornata. Secondo i pediatri americani il bando assoluto della tecnologia vale sino ai 18 mesi di età dei bambini, mentre tra i 18 ai 24 mesi, i bambini possono essere introdotti ai media digitali, purché in presenza di «una programmazione di qualità» e purché sempre in compagnia dei genitori. Per i bambini tra due e cinque anni i pediatri americani raccomandano “una programmazione di qualità limitata a un’ora al giorno”, mentre per i bambini e ragazzi dai 6 ai 18 raccomandano un’esposizione non più di due ore al giorno, tv compresa.
Ma che abitudini hanno i genitori? Come lavorano con i figli rispetto all’uso di tablet e smartphone? Per scoprirlo il Centro Medico Santagostino ha effettuato un sondaggio tra i suoi pazienti, attraverso un questionario dettagliato. Al sondaggio hanno risposto 184 persone, tutti genitori di bambini tra gli 0 e gli 11 anni, il 68,5% donne, il 31,5% uomini, in grandissima parte appartenenti alla fascia di età 33-48, con un livello di scolarizzazione alto (67,4% laurea). Il 59% ha un figlio solo, il 33% due, l’8% tre o più.
Un primo dato schiacciante: la stragrande maggioranza i figli dei pazienti del Santagostino interpellati usano apparecchi digitali (smartphone, tablet, pc), il 40,8% spesso, il 40,2% solo qualche volta. Solo il 13% non li usa quasi mai e una percentuale ancora inferiore, il 5%, ne fa completamente a meno.
La maggioranza, tuttavia, ne fa un uso piuttosto moderato: il 46% dei genitori lascia a questo tipo di svago meno di mezz’ora al giorno. Il 37% al massimo un’ora al giorno, solo il 17% supera l’ora al giorno. E nella maggioranza dei casi vigila affinché l’uso sia regolato: alla domanda “Come ti poni nei confronti dell’uso di tablet e smarphone da parte dei tuoi figli?” – cui era possibile dare risposte multiple – il 62% dichiara di aver istituito regole precise per limitarne l’uso, il 38% dice che li toglie ai figli quando esagerano, il 6% glieli vieta solo quando sono in castigo. Solo il 3% dei genitori dichiara di lasciare completamente liberi i figli nell’uso di questi dispositivi.
Dal sondaggio emerge inoltre che quello degli apparecchi elettronici è uno svago riservato ai momenti solitari: solo il 29% dei genitori dichiara che i propri figli li usano anche quando sono in compagnia dei coetanei, mentre il resto del campione dichiara che non lo fanno mai o quasi mai. Il 57% vigila sui contenuti di cui i figli fruiscono, non lasciandoli soli davanti al dispositivo mai o quasi mai. Al 35% dei genitori, però, capita di lasciarli soli con il tablet o lo smartphone, all’8% succede spesso.
«Emerge», commenta la dottoressa Daniela Callegari, pediatra del Centro Medico Santagostino, «la solitudine come condizione strutturale dell’uso dei dispositivi elettronici, non crea né aiuta a fare amicizia con i propri coetanei. Che cosa viva, pensi, modifichi di sé il bambino con queste esperienze nessuno lo sa né lo condivide; il tutto esteso poi a un uso quotidiano e in aumento nella crescita, con esiti che, a voler essere positivi, creano una abitudine a forme di isolamento passivo (ben diverso per esempio dalla lettura dove è indispensabile una personale interazione e coinvolgimento)».
Lo smartphone viene spesso usato come “calmante” in caso si capricci: dichiarano di avere questa abitudine il 25% dei genitori, mentre la grande maggioranza evita di farlo (mai il 56%, quasi mai il 19%). Altro uso: passatempo in situazione potenzialmente noiose per i bambini. Ecco che il 45% dei genitori dichiara che ai suoi figli “capita” di usare apparecchi digitali in luoghi come ristoranti, sale d’attesa, treno, auto, il 12% che lo fanno spesso, il resto che non lo fanno mai o quasi mai. Prevale il “mai (56%) o quasi mai (24%)” alla domanda “I tuoi figli usano apparecchi digitali prima di dormire?”, mentre il “capita” si ferma al 16% e lo “spesso” al 4%. Anche durante i pasti la gran parte dei genitori (il 78% mai, il 9% mai) tiene alla larga smartphone e tablet, ma a qualcuno capita di usarli anche in quei momenti (il 10% a volte, il 4% spesso).
«Questo è uno dei punti nodali della relazione genitore-bambino», commenta Callegari: «Anziché far leva sulle risorse del bambino per affrontare momenti nodali, creando occasioni di nuove esperienze, di crescita con aumento della stima di sé, viene rimandata una immagine del bambino come qualcuno da contenere perché non crei problemi e non disturbi».
Ma qual è l’uso che fanno i bambini 0-11 degli apparecchi digitali (anche in questo caso c’era l’opzione di una risposta multipla). La classifica è guidata dai video su Youtube (59%), seguiti dai videogames (50%), dai film e cartoni animati (42%), dall’uso come macchina fotografica, per scattare o guardare foto (il 32%), mentre in coda c’è la navigazione in siti e applicazioni create per i più piccoli (19%).
La stragrande maggioranza (l’85%) dei genitori dichiara di provare a proporre ai propri figli delle alternative come giochi, letture, musica, disegni, quando può. Il resto ammette di farsi prendere dalla pigrizia e quindi di non farlo mai o quasi mai.
Tablet e smartphone sono diventati quindi patrimonio comune tra i bambini. Nonostante il 43% dei genitori sia convinto che possano far male alla vista dei loro figli. Il 31% non sa dire se siano dannosi o meno, mentre il 26% è convinto che siano innocui. «L’uso di tablet e smartphone», spiega la dottoressa Callegari, «richiede da parte del bambino un atteggiamento passivo o stereotipato (nei giochi), fortemente riduttivo rispetto ai bisogni e alle risorse del bambino, che sono invece sempre globali per uno sviluppo armonioso del carattere e del cervello, ovvero coinvolgimento di sensi, motricità, comunicazione ed emozioni insieme. Questo vale, in particolare, per i primi tre anni di vita, nei quali si creano le fondamenta della personalità, lo sviluppo delle competenze del cervello attraverso le esperienze sensoriali (vista, udito, tatto, olfatto, motricità), l’attivazione del linguaggio, le relazioni affettive, costituendo gli schemi cognitivi (di curiosità, di capacità di attenzione ed apprendimento) e gli schemi affettivi (modelli di come vivere le relazioni affettive) con cui ci si dovrà confrontare per tutta la vita».
Per stimolare la riflessione dei genitori, allora, la dottoressa Callegari ha stilato un elenco di domande, che ciascuno dovrebbe porsi per affrontare il tema
- Per quanto tempo ogni giorno guardo il mio bambino negli occhi alla sua altezza comunicando con lui?
- Per quanto tempo ogni giorno condivido con il mio bambino esperienze sensoriali? Ovvero: ascolto musica, canto con lui, faccio ritmo con scatole e coperchi, lo stimolo a guardarsi intorno per osservare, gli faccio sentire odori e profumi dei cibi che mangia o che possiamo talvolta cucinare insieme, lo massaggio, lo coccolo, faccio la lotta, corro con lui…
- Quanto tempo dedico a lui mettendogli a disposizione colori e carta perché racconti quello che lui vive?
- Quanto tempo dedico ogni giorno a leggere libri insieme a lui?
- Quanto tempo e quanta attenzione calma e lenta dedico al mio bambino per ascoltare quello che pensa e racconta?
- Quanto tempo dedico seduto per terra a giocare ai giochi che lui fa ed inventa?
- Quanto tempo avanza – dopo tutto questo – al mio bambino per potere col suo piccolo dito usare in solitudine web e tablet?