- Quali sono i molluschi da evitare in gravidanza?
- Come cucinare l’orata in gravidanza?
- Quante volte mangiare pesce a settimana in gravidanza?
Il pesce in gravidanza è una questione abbastanza delicata. La futura madre necessita di un aumentato apporto calorico e di elementi nutritivi specifici.
Tuttavia all’aumento di fabbisogno energetico e nutrizionale corrisponde anche un elevato rischio per il nascituro, il cui organismo non è ovviamente formato e quindi non in grado di processare i nutrienti come un adulto. Questo rende alcuni alimenti piuttosto rischiosi e da evitare.
Abbiamo discusso di pesce in gravidanza e quale mangiare con la Dott.ssa Francesca Michelacci, che fa parte della squadra di biologi nutrizionisti del Santagostino.
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Quali sono i molluschi da evitare in gravidanza?
↑ topPrima di tutto è importante capire la distinzione tra molluschi, crostacei e pesce. I primi due sono quelli che normalmente chiamiamo “frutti di mare”, mentre con il termine pesce si indica il pesce vero e proprio. Ad esempio, vongola, polpo e calamaro sono molluschi (la vongola è un mollusco bivalve). Granchi, gamberi e aragoste sono crostacei. Infine orata, salmone, tonno sono ovviamente pesci.
Durante la gravidanza, così come il pesce crudo, sono da evitare frutti di mare e molluschi bivalvi crudi, quali le già citate vongole, le cozze, le arselle, e le ostriche, in quanto potrebbero essere contaminati dagli scarichi industriali e potrebbero contenere microrganismi pericolosi.
I molluschi, inoltre, sono animali filtratori, quindi trattengono varie sostanze, tra cui, ad esempio, metalli pesanti (come il mercurio) che sono pericolosi per il feto e possono causare danni neurologici, bloccando lo sviluppo cerebrale. Questi elementi non si possono eliminare con la cottura, pertanto, anche cotti, i bivalvi andrebbero limitati per evitare un’eccessiva esposizione del feto ai metalli pesanti che filtrano.
Il discorso è diverso per quanto riguarda altri tipi di frutti di mare, come, ad esempio, gamberi e aragoste, purché siano ben cotti. Sono una buona fonte di proteine e minerali, con un ridotto contenuto di grassi e un’elevata digeribilità.
Anche seppie, polpi e calamari sono prodotti che, se sottoposti ad un’adeguata cottura, possono essere consumati durante la gravidanza.
Come cucinare l’orata in gravidanza?
↑ topL’ideale è consumare pesce cotto al vapore, al cartoccio, al forno o alla griglia. Le fritture sono sconsigliate, perchè difficili da digerire, oltre ad avere un’alta densità calorica.
I filetti di orata, ad esempio, si possono scottare in padella, con pomodorini gialli e rossi, qualche cappero e uno spicchio di aglio e, volendo, una spruzzatina di limone.
Se si tratta di pesce intero, compatibilmente con i gusti personali, si può optare per una cottura al sale in forno, che mantiene la carne tenera e succosa.
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Quante volte mangiare pesce a settimana in gravidanza?
↑ topStudi epidemiologici negli ultimi anni hanno dimostrato che l’assunzione di pesce durante la gravidanza riduce la probabilità di sviluppare allergie nel nascituro, comprese leallergie alimentari, ladermatite atopica emalattie respiratorienel primo anno di vita.
Inoltre, il pesce è un alimento ricco di proteine nobili, sali minerali, zinco, selenio e acidi grassi omega 3, nutrienti utili a contribuire a mantenere un buono stato di nutrizione della gestante e un corretto sviluppo del feto.
Le linee guida raccomandano, pertanto, che le donne in gravidanza mangino due o tre porzioni di pesce ogni settimana. Consigliate tutte le tipologie di pesce bianco, come pesce azzurro (alici, sarde, acciughe e sgombro), orata, spigola, sogliole, merluzzo, cefalo e nasello.
Da evitare o consumare con moderazione invece sono i pesci di grandi dimensioni come tonno, pesce spada, e ricciola. Questo tipo di pesci, a causa del loro ciclo vitale piuttosto lungo (motivo per cui diventano grandi) e per il fatto di essere in cima alla catena alimentare, può essere spesso pieno di mercurio e altri metalli pesanti. Come abbiamo visto per i bivalvi, l’esposizione a metalli pesanti non è ideale per i feti, il cui organismo non è in grado di assorbirli adeguatamente, né di resistere ai danni che possono causare.