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Pubblicato inSalute

Tumore all’esofago, una speranza arriva dall’immunoterapia

Lo studio CheckMate-648 ha evidenziato un aumento della sopravvivenza nei pazienti con tumore in fase avanzata grazie alla combinazione di immunoterapia e chemioterapia

Lo studio CheckMate-648 ha evidenziato un aumento della sopravvivenza nei pazienti con tumore in fase avanzata grazie alla combinazione di immunoterapia e chemioterapia

La speranza di aumentare la sopravvivenza dei pazienti malati di tumore all’esofago arriverebbe dall’immunoterapia. È quanto emerge da un nuovo studio presentato al congresso della Società americana oncologia clinica (Asco).

L’indagine ha evidenziato i benefici della combinazione di immunoterapia e chemioterapia sui pazienti con tumore in fase avanzata.

Lo studio

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Nello studio di fase III denominato CheckMate-648 sono stati coinvolti 970 pazienti malati di tumore all’esofago in fase avanzata, nella forma a cellule squamose o metastatico, mai trattato in precedenza.

I pazienti sono stati sottoposti a tre forme di trattamenti in maniera casuale.

Un gruppo ha ricevuto una combinazione di immunoterapia con nivolumab e chemioterapia; un gruppo è stato sottoposto a duplice immunoterapia con nivolumab e ipilimumab; e uno, infine, ha svolto solo chemioterapia.

La sperimentazione ha ricevuto l’autorizzazione a trattare i pazienti fino a 24 mesi o, comunque, fino alla progressione della malattia o al raggiungimento di una tossicità inaccettabile del trattamento.

I risultati

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La combinazione di nivolumab e chemioterapia ha mostrato vantaggi significativi in termini di sopravvivenza complessiva rispetto al trattamento effettuato con la sola chemioterapia: 15,4 contro 9,1 mesi. In medicina, la sopravvivenza complessiva, che in inglese è indicata dall’acronimo OS (Overall Survivall), rappresenta l’arco temporale che va dalla diagnosi di un tumore al decesso del paziente.

Anche il trattamento con duplice immunoterapia ha mostrato risultati incoraggianti. In questo caso la sopravvivenza complessiva è stata pari a 13,7 mesi contro il 9,1 della sola chemioterapia.

I tre trattamenti non hanno evidenziato significative differenze per quanto riguarda l’occorrenza di eventi avversi.

La chemioterapia è attualmente lo standard di cura per il trattamento di questa tipologia di tumore. I progressi nella cura del tumore all’esofago in fase avanzata, nella forma a cellule squamose o metastatico, sono stati più lenti rispetto ad altre forme tumorali. La prognosi di queste patologie resta sfavorevole.

Le molecole di nivolumab e di ipilimumab sono agenti immunoterapici che appartengono alla classe di terapie note come “inibitori del checkpoint”. Entrambe migliorano la risposta del sistema immunitario alle cellule tumorali.

Tumore all’esofago, diffusione e fattori di rischio

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Secondo i dati dell’Airc, il tumore all’esofago è il nono più diffuso al mondo e colpisce prevalentemente gli uomini dopo i 60 anni. Nei Paesi non industrializzati è la sesta forma tumorale più frequente, in quelli industrializzati la diciottesima.

Sia negli Stati Uniti sia in Europa, nell’80-90% dei casi il consumo di alcol e tabacco è uno dei fattori di rischio più rilevanti. I fumatori, in particolare, hanno una probabilità di ammalarsi tra le cinque e le dieci volte in più rispetto ai non fumatori. L’alcol, invece, oltre ad essere una causa diretta, è in grado anche di potenziare l’azione cancerogena dovuta al fumo. Ecco perché le persone che consumano alcol e tabacco hanno una probabilità 100 volte superiore di ammalarsi di tumore all’esofago rispetto a chi non fuma e non beve.

La situazione in Italia

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In Italia il tumore all’esofago è tre volte più frequente negli uomini rispetto alle donne. I casi stimati nel nostro Paese sono 1500 l’anno per quanto riguarda i maschi contro i 600 tra le donne. Il tasso di incidenza annuo è di circa quattro casi ogni 100 mila abitanti.

Nello scorso 2020 i nuovi casi stimati sono stati 2400 a conferma di un trend in crescita costante. La malattia è in stadio avanzato in circa la metà dei pazienti al momento della diagnosi.

Questa tipologia di tumori è estremamente aggressiva e, di conseguenza, la mortalità resta piuttosto elevata. Ecco perché è fondamentale non solo individuare nuove terapie, ma anche promuovere campagne di prevenzione per incrementare il numero di diagnosi precoci che possano salvare molte più vite.

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay