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Pubblicato inBenessere

Si può diventare celiaci? Le risposte a tutti i dubbi

La celiachia si sviluppa in presenza di fattori genetici predisponenti. Alla genesi della patologia concorrono anche fattori immunologici e ambientali. Quali i sintomi a cui fare attenzione e a chi rivolgersi?

si può diventare celiaci

La celiachia è una malattia che si sviluppa solo in presenza di fattori genetici predisponenti: il 10-12% circa dei familiari di primo grado dei soggetti celiaci è affetto da questa patologia o ha un rischio di almeno 20 volte maggiore di quello della popolazione in generale di ammalarsi. La genesi è comunque polifattoriale concorrendo allo sviluppo della stessa fattori immunologici e ambientali.

Si può diventare celiaci? A quali sintomi fare attenzione?

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La diagnosi della celiachia non è facile e prevede diversi passaggi per cui quando si configura il sospetto clinico è bene rivolgersi a un pediatra per aiutare il bambino a crescere sano come qualsiasi altro bambino della stessa età o a un gastroenterologo, a seconda dell’età della persona. Si possono trovare informazioni utili sul sito della Società Europea di Gastroenterologia Pediatrica, Epatologia e Nutrizione e sul sito dell’Associazione italiana di celiachia.

I sintomi più frequenti sono:

Si può capire dagli esami se si ha la celiachia?

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Assolutamente sì. Il primo passo è la richiesta dei marcatori sierologici della malattia: gli anticorpi antitransglutaminasi (anti-tGT) della classe IgA. In caso di positività di questi anticorpi, la diagnosi deve essere confermata istologicamente, per cui il paziente deve essere sottoposto a una gastroscopia con biopsie duodenali per valutare il danno sui villi intestinali provocato dal glutine. Se il paziente stia già assumendo una dieta priva di glutine, si può testare la presenza dei geni HLA DQ2 o DQ8 per fare diagnosi di celiachia.

Quali sono i valori del sangue che indicano la celiachia?

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Alcuni pazienti presentano agli esami del sangue segni di anemia (emoglobina bassa) o aumento delle transaminasi (enzimi del fegato) di cui non si capisce la causa. Inoltre ci possono essere deficienze nutrizionali di ferro, zinco, rame, folati, vitamina D e vitamina B12.

La celiachia si manifesta in maniera diversa in base all’età?

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Sì, si può diventare celiaci nei primi mesi di vita, da bambini, in età adulta.

Per esempio in età pediatrica può insorgere subito dopo lo svezzamento (6-24 mesi di vita), all’introduzione del glutine nella dieta e si manifesta con i sintomi tipici del malassorbimento:

  • scarsa crescita,
  • diarrea cronica,
  • distensione addominale,
  • astenia,
  • feci grasse e lucenti e facile sanguinamento,
  • ipotonia muscolare.
  • inappetenza,
  • irritabilità.

Dopo i 2 anni, la diarrea può scomparire, ma alcuni altri sintomi possono presentarsi:

  • mancanza di appetito,
  • vomito,
  • stitichezza,
  • frequenti dolori addominali,
  • flatulenza,
  • alopecia,
  • irritabilità e indolenza.

Nell’adulto la presentazione è ancora più varia, andando da disturbi aspecifici come gonfiore addominale, difficoltà digestive, alternanza di stipsi e diarrea, alla completa asintomaticità con la sola alterazione di esami di laboratorio o alla presenza di quadri clinici non riconducibili al tratto gastroenterico (osteoporosi, infertilità, cefalea, depressione).

Ci sono diverse forme di celiachia oltre alla classica?

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Esiste la celiachia silente, che è caratterizzata dalla positività della sierologia e dalla presenza di lesioni minime a livello della mucosa duodenale in pazienti totalmente asintomatici. In genere questi sono pazienti che vengono sottoposti a screening sierologico in quanto familiari di primo grado di pazienti celiaci o appartenenti a categorie a rischio (sindrome di Down, diabete tipo I). Poi esiste la celiachia latente che è caratterizzata da sierologia positiva, ma assenza di sintomi e lesioni della mucosa duodenale.

Quando è opportuno introdurre il glutine nell’alimentazione dei bambini?

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L’età di introduzione dei cereali contenenti glutine può avvenire tra i 4 e i 12 mesi di età. Né l’introduzione ritardata di glutine o l’allattamento al seno modificano il rischio di celiachia nei bambini a rischio, sebbene un’introduzione tardiva del glutine sia associata ad un inizio ritardato della malattia. Sulla base dei dati osservazionali, il consumo di grandi quantità di glutine dovrebbe essere evitato durante le prime settimane di introduzione del glutine e durante l’infanzia. Tuttavia, le quantità ottimali di glutine da introdurre allo svezzamento non sono state stabilite.

Come comportarsi rispetto ai parenti del paziente con celiachia?

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Bisogna far fare il test sierologico ai parenti di primo grado, oltre ai pazienti con diabete mellito di I tipo, sindrome di Down, osteoporosi prematura, deficit di ferro, alterata funzionalità epatica.

Cosa è la sensibilità al glutine non celiaca?

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La sensibilità al glutine non celiaca (SGNC) è una forma di intolleranza al glutine, sempre più frequente, in coloro che hanno escluso la celiachia con test specifici e che soffrono di sintomi intestinali simili a quelli della celiachia, della sindrome del colon irritabile, dell’intolleranza al lattosio (gonfiore, dolori addominali, diarrea e stitichezza), della dispepsia (nausea, ripienezza post prandiale, dolori epigastrici, reflusso).

I sintomi extraintestinali sono vaghi e anch’essi poco specifici (malessere generale, stanchezza, mal di testa, ansia, mente offuscata, difficoltà di concentrazione e, più rari, depressione, perdita di peso, sfoghi cutanei e dolori muscolari).

Chi soffre di SGNC non presenta un tipo ben preciso di lesione intestinale, poiché le proteine complesse del frumento, segale, farro, orzo e kamut non inducono il sistema immunitario ad attaccare l’intestino tenue, ma avverte comunque l’infiammazione provocata dal glutine.

Le differenze della celiachia con la sensibilità al glutine non celiaca (SGNC)?

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La differenza tra i due disturbi è data dalla diversa reazione immunitaria al glutine, la celiachia è autoimmune, la SGNC è data da una risposta immune non specifica. Inoltre, a differenza della celiachia, la SGNC non comporta deficienze nutrizionali di ferro, vitamina D e vitamina B12 e presenta una minore associazione con malattie autoimmuni. Alcune ricerche suggeriscono che anche proteine del grano diverse dal glutine, come gli inibitori delle alfa-amilasi/tripsina, possono essere coinvolte nella genesi della SGNC e tali inibitori sono presenti anche nell’orzo e nella segale.

La prevalenza delle due condizioni è simile?

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La prevalenza della SGNC non è stata ancora stabilita perché attualmente non si dispone di biomarcatori specifici che consentano di effettuare screening di massa. Comunque gli scarsi dati epidemiologici disponibili collocano la frequenza della SGNC in un intervallo molto ampio compreso tra 0,6% e 13% della popolazione, soprattutto donne nella quarta decade di vita e nelle zone urbane. La celiachia invece ha una prevalenza tra lo 0,5% e l’1,7%.

Come si fa la diagnosi di sensibilità al glutine non celiaca?

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Attualmente la diagnosi di SGNC richiede tempo e necessita l’attiva partecipazione delle persone da esaminare. Infatti queste, oltre che essere sottoposte a esami clinici e di laboratorio per escludere celiachia e allergia alimentare al grano, devono seguire per diverse settimane una dieta prima con glutine, poi senza, e infine di nuovo con glutine. La diagnosi di SGNC è posta se la dieta iniziale con glutine scatena sintomi (gastrointestinali e non), quella intermedia senza glutine li fa scomparire e quella finale ancora con glutine li fa riapparire (re-challange). In questo caso l’endoscopia non è necessaria perché non si manifestano alterazioni della mucosa del duodeno.

Non si potrebbe semplicemente eliminare il glutine alla comparsa di questi sintomi?

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È interessante e doveroso sapere che le diete senza glutine alterano il microbioma intestinale, insieme di batteri, virus, funghi, vermi che vivono nel nostro intestino e fondamentali per mantenere la nostra salute. Nelle diete senza glutine si riducono alcuni di questi batteri tra cui i Bifidobaterium, Lactobacillus (mentre aumentano Prevotella e Proteobacteria) per cui è importante reintegrarli con probiotici e suggerire una dieta senza glutine, se veramente indicata.

Quali sono gli alimenti che contengono glutine?

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Nell’alimentazione italiana la principale fonte di carboidrati è data dai cereali e derivati. I cereali più comuni contengono il glutine e provengono dalle graminacee (frumento, farro, orzo, segale, kamut), mentre altri ne sono privi. Questi appartengono alle poligonacee, per cui sono detti pseudocereali. Possono essere assunti dalle persone con problemi di celiachia (riso, mais, tapioca, miglio, grano saraceno, quinoa, amaranto). Bisogna però stare attenti anche alle contaminazioni e alle etichette poiché spesso c’è glutine dove meno potremmo aspettarcelo.

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