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Pubblicato inSalute

Il raschiamento dopo l’aborto

Come funziona il raschiamento? In quali circostanze può essere impiegato?

raschiamento-aborto

Il raschiamento è una procedura chirurgica spesso associata all’aborto, ma che può essere eseguita anche in circostanze diverse, di tipo diagnostico oppure operativo.

Scopriamone di più con l’aiuto del dott. Rosalbino Mantuano, ginecologo del Santagostino.

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Quando si fa il raschiamento?

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Il raschiamento, o curettage, è una tecnica chirurgica che può essere impiegata per scopi diagnostici o terapeutici.

Il curettage diagnostico prevede la rimozione dall’interno dell’utero di frammenti di endometrio per sottoporli a un esame istologico. Questa modalità di indagine, tuttavia, è ormai raramente utilizzata, sostituita da esami strumentali non invasivi come l’ecografia transvaginale e dall’isteroscopia.

Le indicazioni per un raschiamento terapeutico associato alla gravidanza comprendono invece le seguenti circostanze:

  • interruzione volontaria di gravidanza
  • fallimento di una gravidanza iniziale con aborto spontaneo completo o incompleto (ritenuto)
  • eliminazione di una gravidanza molare
  • il sospetto di presenza in utero di materiale dopo un parto o un aborto del primo o secondo trimestre.

Secondo quanto disposto dalla legge 194/78, in Italia la gravidanza può essere interrotta entro i primi 90 giorni di gestazione per decisione della donna oppure terapeuticamente per via di problemi riguardanti il concepimento e lo sviluppo fetale (spesso gravi anomalie anatomiche e funzionali prevalentemente di origine genetica), che hanno come esito un prodotto del concepimento che non può sopravvivere.

La gravidanza può interrompersi spontaneamente a volte anche per cause difficili da accertare. L’interruzione spontanea della gravidanza si manifesta in genere con la comparsa di perdite di sangue e dolore al basso ventre e può essere confermata con un esame ecografico. Altre volte l’aborto non presenta alcuna sintomatologia e viene riconosciuto, anche in assenza di perdite ematiche, durante un controllo ecografico routinario.

L’ecografia può dimostrare l’avvenuto svuotamento spontaneo dell’utero (aborto spontaneo completo) oppure documentare la presenza di materiale abortivo nella cavità uterina (aborto spontaneo incompleto o ritenuto) e orientare sulle successive scelte terapeutiche.

Sia nel caso di aborto asintomatico sia in presenza di perdite di sangue, una volta documentata con assoluta sicurezza l’interruzione della gravidanza o la presenza di residui abortivi nell’utero, si deve procedere a eliminare il materiale contenuto nell’utero tramite curettage.

Come si fa il raschiamento dopo un aborto?

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Il raschiamento, anche detto revisione della cavità uterina, viene effettuato in anestesia praticando, con una tecnica strumentale idonea, la dilatazione del canale cervicale e introducendo attraverso di esso, nell’utero, una piccola sonda che sotto vuoto procede all’aspirazione del materiale presente in utero.

Alcune procedure prevedono, al fine di dilatare facilmente il canale cervicale, la somministrazione di misoprostolo – una molecola appartenente alla famiglia delle prostaglandine –, che induce a livello dell’utero l’ammorbidimento della cervice e la contrazione dell’utero. Talvolta è prevista una copertura antibiotica profilattica.

Alla fine dell’aspirazione del materiale si controlla la regolarità delle pareti uterine con un curettage complementare tramite l’utilizzo di una curetta (una sorta di cucchiaio dai bordi taglienti), anche per eliminare completamente eventuale materiale residuo.

Ci sono rischi?

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La procedura del raschiamento uterino è molto sicura. Le potenziali rare complicanze includono: 

  • perforazione uterina 
  • lesione del collo dell’utero 
  • infezione
  • emorragia 
  • incompleto svuotamento del materiale abortivo
  • formazione di aderenze intrauterine 
  • complicanze legate all’anestesia.

Quanto è doloroso il raschiamento?

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Il raschiamento è una procedura in sé dolorosa, che richiede pertanto, come si è visto, l’anestesia, generale o locale. Oggi, tuttavia, rispetto al passato, in cui veniva adoperata unicamente la curetta, la procedura è meno invasiva, grazie all’utilizzo della cannula aspiratrice.

Come ci si sente dopo il raschiamento? Cosa succede al corpo dopo un raschiamento?

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In seguito a un raschiamento effettuato dopo un aborto, i crampi sono l’effetto collaterale più comune. Di solito si attenuano subito dopo la procedura ma possono durare per qualche tempo e fino a due giorni.

I farmaci antinfiammatori non steroidei (ketoprofene, ibuprofene) aiutano nell’attenuare il dolore. Per alcuni giorni può persistere un leggero sanguinamento. Quando questo è invece abbondante, va interpretato come sintomo anormale, specie se richiede più di una volta il cambio di assorbente entro un’ora.

È importante rivolgersi al medico, oltre in presenza di sanguinamento prolungato, anche in caso di:

  • dolori oltre le 48 ore
  • dolore addominopelvico
  • presenza di perdite vaginali maleodoranti.

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Quanti giorni di riposo dopo il raschiamento?

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Dopo essersi sottoposte a una procedura di curettage è consigliabile osservare un breve periodo di riposo per qualche giorno. I tempi di ripresa sono soggettivi e posso variare da donna a donna.