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Pubblicato inSalute

Parkinson, ai malati serve un tutor della salute

Dialogo tra un paziente che racconta la sua esperienza e la neurologa: una malattia complessa che richiede un approccio multidisciplinare. E tanta forza di volontà

malato di parkinson assistito

«Un luglio di sette anni fa, appena uscito dall’acqua per asciugarmi al sole di Malaga, il corpo ancora bagnato fremeva sotto la brezza marina. Quando fui del tutto asciutto, notai che una gamba continuava a tremare, era quasi impercettibile ma sapevo cosa poteva essere, mio padre lo aveva avuto per trent’anni, il suo era di tipo rigido-acinetico mentre il mio si rivelò essere di tipo tremorigeno; avevo il Parkinson idiopatico».

Così ci scrive un lettore del nostro Magazine, M.C. che ha deciso di condividere con noi la sua esperienza di malato, raccontandoci la sua esperienza.

«Il mio medico non volle allarmarmi», prosegue il lettore, «poteva essere qualsiasi cosa, dentro di me sentivo che era quello, avevo 54 anni, sapevo cosa aspettarmi, non c’erano cure, potevo solo ridurre i sintomi con un farmaco utilizzato fin dagli anni ‘60, a dosi sempre più elevate, perché la malattia va avanti.

I primi tempi non ne parlai con nessuno, non ci volevo pensare, mi buttai sul lavoro a testa bassa, in quella fase nessuno vuole credere che sia vero, che non si può tornare indietro, si crede di poter sempre tornare indietro, che il nostro sia un caso diverso dalla norma, non volevo vedere altri come me, poi invece proprio i miei compagni di ventura mi aiutarono.
Il primo fu un americano che, da dodici anni, si allenava ogni giorno per convivere sempre meglio con il Parkinson, era questo che dovevo decidere per i successivi anni: stare peggio o meglio, col Parkinson.
Dopo sette anni la malattia è peggiorata ma posso dire che la convivenza è migliorata, ogni giorno mi alleno con esercizi di stiramento, mobilizzazione, aerobica e molto camminare. Soprattutto curo lo stato d’animo (che è sempre insidiato dalla depressione) con l’umorismo, mi incontro virtualmente con altri compagni sparsi in Italia, divertendoci a raccontare le buffe vicissitudini che ci capitano a causa della nostra condizione.

Cosa vorrei per i prossimi anni?

«Ovviamente», prosegue il lettore,«vorrei che si trovasse una cura ma, nonostante le notizie di alcune promettenti ricerche, non credo si possa sperare nulla prima di una decina di anni.
Ufficialmente in Italia siamo 250mila (ma stime non ufficiali parlano di almeno 400.000 casi), in questi ultimi vent’anni siamo raddoppiati e nei prossimi vent’anni raddoppieremo ancora, superando l’Alzheimer e quindi conquistando il triste primato di patologia neurodegenerativa più diffusa.
Noi rimaniamo coscienti per tutto il decorso, e questo può essere molto lungo, i sintomi sono numerosi: rallentamento dei movimenti, tremore, rigidità, insonnia, depressione, apatia, debolezza, deconcentrazione, smemoratezza, perdita di equilibrio, freezing (incapacità a partire nelle deambulazione), crampi, difficoltà a respirare, deglutire, parlare, vedere e molti altri, combinati in modo tale da non poter trovare due malati di Parkinson uguali.
Abbiamo bisogno di più specialisti: neurologi, neurofisiopatologi, fisiatri, osteopati, neurochirurghi, fisioterapisti, trainer di ginnastica adattata, psicologi, psichiatri, logopedisti, ortottisti, ecc.
Soprattutto servirebbe una figura che oggi non esiste, un tutor esperto di Parkinson al quale poter affidarsi per fare le giuste scelte nel lungo decorso di questa malattia, che è sempre imprevedibile e costringe anche i medici più preparati a rivedere continuamente le strategie terapeutiche».

Parkinson, che cos’è e come si tratta

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Come giustamente sottolineato dal lettore, la malattia di Parkinson è caratterizzata da un corteo di sintomi che vanno dalla classica triade motoria bradicinesia (rallentamento dei movimenti), rigidità e tremore, ad altri quali ad esempio insonnia, depressione, perdita di equilibrio, ipotensione, stipsi, disturbi della sfera sessuale, disturbo del controllo degli impulsi, disturbi della deglutizione e della parola.
Per il trattamento della malattia sono disponibili diversi principi attivi che possono migliorare la qualità di vita del Paziente. I farmaci contenenti Levodopa, ad azione simile alla dopamina che è carente nella malattia, sono disponibili attualmente in diverse modalità di somministrazione: compresse, compresse effervescenti, gel per somministrazione intraduodenale in pompa, cerotti. I dopaminoagonisti, che imitano l’azione della dopamina, gli anticolinergici, gli inibitori delle MAO e della COMT sono altri farmaci utilizzati per trattare i sintomi.
A volte è necessario prescrivere una terapia parallela per il controllo dei sintomi secondari, come i farmaci per il trattamento dell’ansia e della depressione o per la stipsi.
Un’ulteriore possibilità terapeutica è data dalla neurochirurgia funzionale. In casi particolari si può infatti proporre la Stimolazione Cerebrale Profonda (DBS). Questa tecnica utilizza un dispositivo medico impiantabile, simile ad un pacemaker, per inviare la stimolazione elettrica a determinate aree del cervello. La stimolazione di queste aree permette un migliore funzionamento dei circuiti cerebrali responsabili del controllo dei movimenti, consentendo in moti casi anche la riduzione dei farmaci.

Altre strategie da adottare

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Per i malati di Parkinson, stimolare il movimento è di grande utilità, ed è consigliabile sottoporsi a cicli di fisioterapia (FKT) per mantenere il corretto funzionamento delle articolazioni e ridurre i dolori associati alla rigidità, per migliorare la postura e la deambulazione. Altro scopo della FKT è imparare gli esercizi che si dovranno ripetere a casa, anche con il supporto di programmi video, per mantenere un buon allungamento muscolare e contrastare la rigidità.
In generale è importante evitare la sedentarietà, non stare con la schiena china in avanti per troppo tempo, ma anche non sottoporsi ad eccessivo affaticamento.
In caso di di difficoltà della parola, come il calo del tono di voce e la difficoltà a modulare l’intonazione, occorre utilizzare delle norme di “igiene vocale”: assumere una corretta posizione del capo, deglutire la saliva in eccesso e prepararsi con una respirazione profonda. Il logopedista può offrire una riabilitazione mirata.
Anche per la difficoltà di deglutizione si possono seguire alcuni accorgimenti, come evitare cibi troppo duri o friabili, mangiare lentamente a piccoli bocconi, non distrarsi o parlare. Se le difficoltà persistono si può consultare un foniatra ed un logopedista per la valutazione del trattamento più efficace.
Per i disturbi comportamentali o dell’umore, oltre alla terapia farmacologica, si può ricorrere ad una terapia psicologica.
Adottare una educazione alimentare adeguata, come consumare almeno 35 gr di fibre e almeno un litro e mezzo di liquidi al giorno, assumere carni bianche, cereali e grassi polinsaturi e ridistribuire le proteine totali nella dieta quotidiana riducendo il contenuto proteico a colazione e pranzo e concentrarle a cena.
È molto importante assumere i farmaci prescritti seguendo esattamente le indicazioni orarie, ad esempio la Levodopa va assunta circa 30 minuti prima dei pasti, a causa delle possibili interazioni
con i cibi.
In conclusione concordo con la necessità di avere un “case manager”, uno specialista neurologo esperto di malattia di Parkinson, che segua il Paziente nel tempo e “confezioni su misura” la terapia farmacologica ottimale, e che consigli la valutazione di altri specialisti e professionisti per ovviare a tutti i sintomi secondari, quando si presentano.

 

I lettori interessati a instaurare un dialogo di scambio di esperienze e consigli  possono scrivere a questo indirizzo email