- Una malattia sconosciuta scatena la paura
- Quando l’ansia è patologica
- Le categorie più colpite dallo stress da pandemia
- Come gestire ansia e stress
- Dopo la pandemia: il rischio di disturbo da stress post-traumatico
- Ricominciare: dalla resilienza alla crescita post-traumatica
La paura di contagiare, di essere contagiati o di perdere un proprio caro, la temuta incapacità di tornare pienamente alla socialità. Sono sensazioni molto comuni, che hanno accompagnato le ondate della diffusione del Covid-19, affiancandole allo stesso ritmo con cui si è propagato il virus. Sensazioni che in alcuni casi diventano vere e proprie manifestazioni di un disagio psicologico o psichiatrico. Una sorta di “epidemia parallela”: così la definiscono i medici ospedalieri e gli psicologi milanesi autori di “Durante un’epidemia. Aspetti psicologici e psicopatologici legati alla pandemia di Covid-19”.
Il volume, edito da Erickson, ha la peculiarità di essere di facile lettura, anche per i non addetti ai lavori. In un centinaio di pagine conduce il lettore attraverso la conoscenza dell’universo composto dalle conseguenze psicologiche che ruotano attorno alla pandemia di Covid-19. E suggerisce gli strumenti per gestire l’ansia e lo stress e superare questa fase di disagio psicologico.
Una malattia sconosciuta scatena la paura
↑ topCome mai la paura è più intensa di fronte a malattie sconosciute? Gli autori spiegano che in relazione a malattie notoriamente gravi ma a noi più familiari riusciamo a gestire meglio le emozioni. Al contrario, ciò che non conosciamo ci mette in uno stato di allerta. È quello che è accaduto e che continua ad accadere durante pandemia di Covid-19. Accanto all’epidemia biologica (virale, batterica) va considerata quella cognitiva, legata alla psicopatologia del timore del contagio, non meno pericolosa.
Quando l’ansia è patologica
↑ topDurante le grandi epidemie, scrivono gli autori, i sintomi d’ansia si possono manifestare in un numero cospicuo di pazienti. Possono essere fisici (palpitazioni, mal di stomaco, cefalea, sensazione di vertigini, senso di affanno) ma anche cognitivi (preoccupazione, tensione interna, rimuginii). Bisogna però distinguere fra ansia fisiologica – che si verifica in alcune condizioni di pericolo reale – e ansia patologica.
«L’ansia fisiologica deriva da un meccanismo di attacco o fuga che si riferisce alle risposte fisiologiche che avvengono nel nostro corpo, quando siamo davanti a una condizione di pericolo. Ci mettono nelle condizioni di combattere o scappare», spiega Benedetta De Martini, medico psichiatra presso l’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano, fra gli autori del libro. I sintomi sono l’aumento del battito cardiaco, della tensione muscolare, del ritmo respiratorio, dell’attenzione e della vigilanza.
Quando chiedere aiuto, rivolgendosi a uno specialista, perché ci accorgiamo che i nostri sintomi superano quelli dell’ansia fisiologica? «L’ansia patologica si manifesta quando si verifica la medesima reazione descritta, ma in assenza di un fattore esterno di pericolo. Oppure quando il fattore esterno di pericolo non è sufficientemente grave da giustificare una reazione esagerata. O ancora, quando la reazione ansiosa che si scatena va a compromettere in modo significativo il funzionamento globale del paziente, per esempio il suo ambiente lavorativo o sociale», precisa De Martini.
Le categorie più colpite dallo stress da pandemia
↑ topDepressione, ansia, attacchi di panico, agitazione psicomotoria, sintomi psicotici. I disturbi psichiatrici collegati a un’epidemia colpiscono alcune categorie in particolare. Quelle più a rischio sono i pazienti con infezione confermata o sospetta e i professionisti sanitari. Questi ultimi perché esposti a un alto rischio di contagio e a un sovraccarico eccessivo di lavoro.
«Altre categorie a rischio sono gli individui esposti a eventi potenzialmente traumatici come la perdita di una persona cara, minacce alla propria salute o malattia», spiega Roberta Ferrucci, psicologo presso l’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano e prima autrice del manuale. «Ci sono poi le persone già vulnerabili, con psicopatologia preesistente, in particolare quelli con disturbi psichiatrici gravi o complessi, che l’isolamento o l’allontanamento sociale possono aggravare. Infine i pazienti che sono stati infettati dal virus e ricoverati nelle varie unità ospedaliere».
Come gestire ansia e stress
↑ topUn capitolo del volume è dedicato agli strumenti per gestire ansia e stress causati dalla quarantena, dalla paura del contagio e in generale dalle condizioni vissute durante e dopo il lockdown. Per far fronte al disagio e superare le sfide quotidiane sono suggeriti comportamenti virtuosi che possono attivare il “circuito della ricompensa”: fare sport, ascoltare musica e aiutare gli altri.
Renderli routinari – si legge – può avere effetti benefici sul mantenimento della nostra salute psicofisica, con una conseguenza tutt’altro che secondaria di appagamento del nostro bisogno ancestrale di piacere. Uno spazio è dedicato anche ai gruppi di auto mutuo aiuto (costituiti da persone che condividono lo stesso disagio), alle tecniche di rilassamento e alla meditazione.
Il supporto psicologico rimane lo strumento fondamentale, anche per via telematica. Durante i ripetuti lockdown, sono state scoperte le potenzialità di questa modalità. L’intervento è tempestivo e permette una maggiore reciprocità fra il terapeuta e il paziente, alimentando un monitoraggio che consente di prevenire il peggioramento dei sintomi.
Dopo la pandemia: il rischio di disturbo da stress post-traumatico
↑ topQuando la fase emergenziale della pandemia è passata può rimanere un importante disagio psicologico. Il rischio è di sviluppare disturbi dell’adattamento o il disturbo da stress post-traumatico. Fra i sintomi: la continua ripresentazione di ricordi legati all’evento traumatico (sogni, flashback, pensieri ricorrenti), comportamenti di evitamento, alterazioni di pensieri ed emozioni sul versante negativo.
«Il disturbo da stress post-traumatico può colpire altre popolazioni al di fuori dei professionisti sanitari. In particolare soggetti che avevano una precedente condizione psicopatologica come un disturbo d’ansia e chi è stato colpito in prima persona o ha avuto familiari o persone care affette da Covid», spiega la dott.ssa De Martini.
Ricominciare: dalla resilienza alla crescita post-traumatica
↑ topIn psicologia la resilienza è l’insieme di processi che facilitano un adattamento efficace e promuovono lo sviluppo della persona anche in contesti di vita altamente stressanti. Gli autori del testo esplicitano che essere resilienti non significa non provare emozioni negative o dolore. Significa saper mettere in campo delle risorse che permettono di non crollare di fronte a queste situazioni di crisi.
«Bisogna considerare che un evento traumatico può comportare anche cambiamenti positivi, favorendo un processo di crescita personale», conclude la prima autrice Roberta Ferrucci. «La crescita post traumatica è infatti definita come un cambiamento psicologico positivo. Questo è vissuto come il risultato di una lotta ingaggiata nei confronti di circostanze di vita altamente sfidanti e vincolanti». Con l’adeguato supporto, è possibile trarre un arricchimento dall’esperienza vissuta. «Attraverso l’utilizzo delle proprie risorse personali l’individuo affronta gli eventi critici con l’obiettivo di integrarli nel proprio percorso di vita, riorganizzando e ridefinendo la propria identità e avendo un ruolo attivo anche nelle esperienze negative».