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Pubblicato inSalute

Dalla medicina di attesa alla medicina di iniziativa: la svolta è sul territorio

fimmgest_giacomomililloPubblico e privato, modello ospedaliero e modello territoriale, medico di base e medico specialistico, rapporto medico-paziente. Un’intervista a tutto campo sulla sanità che cambia a Giacomo Milillo, Segretario Generale Nazionale Fimmg

La medicina sta cambiando. Sempre di più la medicina si svolge sul territorio e non in ospedale: visite mediche specialistiche ambulatoriali, percorsi di riabilitazione e tutto il più possibile vicino a casa. Tuttavia il nostro sistema sanitario nazionale è ancora “ospedale-centrico” e ha bisogno quindi di ristrutturarsi se vuole affrontare questi bisogni compiutamente. Una figura chiave della svolta, che il sistema deve per forza affrontare, è rappresentato dal medico di medicina generale, o medico di famiglia. Uno dei suoi massimi rappresentanti, Giacomo Milillo, Segretario generale della Fimmg (www.fimmg.org), ha accettato di parlare di questo e di molto altro in un dialogo per il nostro blog.

La medicina”, spiega Milillo, “oggi deve affrontare anche il tema dei costi. La base di tutto è la prossimità che è fisica ma anche culturale, e la prossimità – fatta di semplificazione e prestazioni a minor complessità – determina un minor costo. Il sistema sanitario nazionale si è sviluppato in modo ‘ospedale-centrico’ per inseguire la crescita esponenziale delle tecnologie. Oggi però questo modello non è più sostenibile. La medicina di attesa va soppiantata dalla medicina di iniziativa: il che significa che dobbiamo intervenire prima delle complicanze ed evitare la spesa pesante della malattia grave.

STRUTTURALE E FUNZIONALE

Quale è la situazione in Italia?

Ci sono due posizioni contrapposte, quella strutturalista (la struttura e il pubblico domina la programmazione e l’erogazione), l’altra è funzionale. Sono due rappresentazioni estreme che troviamo applicate in Toscana –funzionale – e in Emilia-Romagna – strutturale. Poi ci sono una serie di ibridi in tutta Italia. In Emilia-Romagna la struttura organizza l’assistenza primaria, varie professionalità intervengono sotto un’unica regia e il medico di medicina generale interviene come consulente competente, non tanto come gate keeper, ma come specialista della non specialistica. In Toscana invece, il medico di medicina generale è centrale nel sistema e la risposta ai bisogni è costruita sul binomio rapporto fiducia e contesto. Un esempio sono le prime esperienze di “casa della salute . Il distretto in sostanza si frammenta e va sul territorio: le case della salute vengono costruite sulle esigenze specifiche. Io credo che l’assistenza territoriale e di medicina generale debbano farsi carico di una medicina di iniziativa e della regia, senza rinunciare alle specialistiche, che vanno però ridotte”.

MENO VISITE SPECIALISTICHE?

Come si fa?

“Togliendo una specialistica dove è sostituibile dalla tecnologia a basso costo gestita dal medico di medicina generale: un elettrocardiogramma, per esempio, lo può e lo deve fare il medico di medicina generale, non serve andare dal cardiologo. Bisogna attrezzare il medico con competenze generaliste specialistiche, riservando alla consulenza dello specialista un livello di complessità maggiore.”

Che succede se è il paziente chiede di fare una visita specialistica?

“Il medico di famiglia dovrebbe orientare alla salute non al consumismo della sanità a cui invece è propenso il paziente. In questo campo l’autoapprendimento è la risorsa maggiore: le statistiche dicono che i medici anziani “consumano prestazioni” meno dei giovani. Anche a me è capitato di rifiutare una prestazione all’assistito, questo si può fare quando tra medico e paziente c’è conoscenze e fiducia e lui per primo convinto e sicuro di questo. Certo, il medico è in conflitto con se stesso in questo, perché rischia di perdere un paziente che l’ha scelto liberamente. Poi c’è un problema di ansia della condizione di malattia: forse dovremmo supportare questo aspetto, con un percorso formativo più strutturato.”

Ma il medico di famiglia ha il tempo di fare questo?

“Un massimalista ha 90 accessi al giorno, certo non sono tutti “pesanti”, molti sono ricette ma senza un aiuto non ce la si fa. Personalmente ne gestisco bene massimo 30 al giorno. Quindi abbiamo un problema di tempo, abbiamo bisogno di una segretaria e di un’infermiera con cui gestire e organizzare. Purtroppo ci sono medici che lavorano da soli, e sono tanti: più del 50%. Dobbiamo pensare a figure che supportano i medici di famiglia. Sì, ci sono problemi di costi, ma forse per farlo a costo zero potremmo pensare di “esportare risorse umane dall’ospedale al territorio”

SINERGIA PUBBLICO PRIVATO

Sì. E qui c’è un problema di armonia e definizione di chi fa cosa e chi dipende da cosa… Parliamo del problema della specialistica a pagamento. Chiaramente non potrà mai essere assorbita dal Servizio Sanitario Nazionale. In un mondo ideale tutti gli interlocutori del mio percorso di paziente devono parlarsi e stare in integrazione e contatto: invece, oggi non c’è nessun contatto tra il mondo della specialistica privata con il mondo pubblico.

“Non solo credo che sia possibile, ma credo sia una necessità; ci sono barriere ideologiche e non tanto e solo amministrative. Quelle amministrative spesso sono un paravento; c’è una grande sfida: Bisogna dialogare nell’interesse del paziente. Dobbiamo incominciare a governare l’out of pocket (la spesa di tasca propria delle famiglie, ndr) in modo che sia appropriato e non consumistico, e l’unico modo che conosco è l’uso di fondi integrativi. Il cittadino si è attrezzato e si è reso responsabile e il comportamento sanitario si orienterebbe in modo appropriato in una collaborazione pubblico-privato. Un esempio sono le “long term care”: una società di mutuo soccorso può benissimo erogare tutta la parte socio sanitaria, ma anche quella medica specialistica, legittimate e monitorate dal pubblico”.

LA DIVISIONE DEI RUOLI

Il problema è la disomogeneità totale di un sistema enorme: lo Stato non dovrebbe concentrarsi solo sul controllare e “appaltare” sul territorio?

“No: la logica degli appalti non funziona perché tutelano sempre il fornitore e non l’acquirente. Bisogna chiarire bene i ruoli nazionali e regionali: la programmazione la deve fare il livello nazionale, che stabilisce i Lea , mentre la Regione deve avere libertà di manovra a livello organizzativo e gestionale. Non credo in uno stato che fa tutto a livello pubblico e non credo nemmeno nel sistema degli appalti.

Come gestisce il medico di famiglia il suo rapporto con la specialistica privata?

“Il medico di medicina generale ha il dovere e la necessaria facoltà di indicare al paziente da chi andare a completare il suo percorso di salute e il paziente questo chiede in un rapporto di fiducia. È qui che le regole dovrebbero cambiare e dovrebbe essere chiaro che è un vantaggio per il paziente poter contare su un medico di fiducia che gli organizza il percorso con specialisti comodi, bravi e che dialogano fra di loro.”

Quali gli ambiti di miglioramento del medico di famiglia?

“Innovazione, competenza, organizzazione, la fiducia come punto di forza.”

Conflitto con il web: il medico di famiglia virtuale. Il 20% della popolazione non ci va e usa internet per informarsi sulle cure….

“Il medico ci tiene a riaverli da lui. Nel web si trovano informazioni e non soluzioni di problemi. Ma non bisogna arroccarsi in una posizione oltranzista e oppositiva. Noi diamo soluzioni, non informazioni”.