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Pubblicato inBenessere

È proprio vero che la carne fa male?

Consumare carne non uccide, consumarne troppa fa male, spiega la nutrizionista del Santagostino. Ma allora perché attorno all’allarme dell’Oms sugli insaccati si è scatenata una vera e propria psicosi di massa?

IARC, un’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha puntato il dito contro le carni lavorate e ha affermato l’esistenza di una possibile correlazione tra il loro consumo e il tumore al colon retto, scatenando sui media e tra le persone un dibattito spesso dai toni eccessivi e in cui si rischia di perdere di vista l’obiettività scientifica.

Ma qual è la verità? La carne è davvero un pericolo per la nostra salute? Proviamo a scoprirlo.

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La carne rossa rappresenta un fattore di rischio come le sigarette? 

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«Consumare carne non uccide, consumarne troppa fa male», spiega Benedetta Raspini, dietologa del Santagostino. «L’IARC è un’agenzia intergovernativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ha il compito di dare le linee guida sulla classificazione del rischio legato al tipo di tumore di sostanze chimiche e agenti fisici. Secondo l’IARC le carni lavorate, vale a dire carne salata, essiccata, fermentata, affumicata, trattata con conservanti (nitrati e nitriti), ovvero quello che chiamiamo genericamente salumi, per esempio wurstel, prosciutti, salsicce, carne in scatola o sotto sale, così come i preparati o i sughi a base di carne, sono da catalogare tra gli agenti cancerogeni quale causa di tumore del colon-retto». Nella carne lavorata l’aumento del rischio del cancro al colon è del 18% circa per ogni 50 grammi consumati al giorno: «Nei paesi occidentali il rischio individuale di ammalarsi è intorno al 5 per cento nel corso di una vita, il 18 per cento in più porta a circa il 6 per cento il rischio», spiega Raspini.

Perché non si dovrebbe mangiare la carne?

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Tradotto ancora in cifre: «Ogni anno nel mondo circa 34.000 morti di cancro sono attribuibili a una dieta ricca di carni lavorate e circa 50.000 sarebbero i decessi dovuti a un eccessivo consumo di carne rossa. Il tabacco è, invece, responsabile certo di circa un milione di morti registrate ogni anno nel mondo. Fumo e carne lavorata sono quindi sì nella stessa lista, ma questo non significa che la carne processata sia dannosa come il tabacco», spiega Raspini.

Nessuna patologia è determinata solo dal consumo di carne rossa o di insaccati. Nonostante questo, gli epidemiologici sono concordi nell’affermare che chi segue diete ricche di proteine animali, piuttosto che alimenti di origine vegetale, corra un maggior rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, o patologie come il diabete

Proprio per questo motivo non è necessario eliminare completamente dalla dieta la carne rossa, ma farne un consumo modesto. È comprensibile quindi, come il vero problema sia rappresentato dalla quantità di carne consumata.

Quante volte si può mangiare la carne?

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«Una porzione di salumi di buona qualità ogni tanto non è da condannare», aggiunge Raspini. «Come al solito, alla base di ogni regime alimentare sano c’è la moderazione, insieme alla combinazione di abitudini positive come il movimento fisico, dieta bilanciata (mediterranea), poco alcol, niente fumo. Lo studio ha invece lo scopo importante per quanto riguarda la salute pubblica di supportare le raccomandazioni generali sulla limitazione del consumo di carni rosse e trasformate che non dovrebbe superare i 50/100 g come dose media giornaliera a persona. Non mi sento di consigliare di smettere di mangiare carne, se gradita, in quanto alimento ricco di importanti valori nutrizionali, ferro, Vitamina B12, Zinco. 

L’importante è consumare una quantità di carne (meat consumption) limitata che equivale a una-due volte a settimana, scegliendo prodotti di qualità elevata sempre nell’ambito di una dieta che preveda altre fonti proteiche come pesce, carni bianche, legumi. Insomma, ancora una volta è importante usare il buon senso, evitare allarmismi e ripensare più a fondo a quello che mettiamo nel piatto (che è diverso dal dire che una fetta di coppa nuoce quanto il fumo)».

La soluzione potrebbe essere, più attenzione a tavola?

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Quella che si è scatenata negli ultimi anni attorno all’allarme dell’IARC è stata una sorta di psicosi collettiva: «Le psicosi», spiega Michele Cucchi, psichiatra e direttore sanitario del Centro Medico Santagostino, «possono colpire chiunque, soprattutto le persone che non sono abituate a scegliere in autonomia e mettere in discussione le cose. Persone che sono molto sensibili a come si muovono gli altri, molto aggiornate ma che per esprimere un giudizio dipendono dagli altri. È facile parlare alla pancia delle persone e trascinarle in un vortice di ansia e angoscia. Per affrontare il tema dell’alimentazione, oggetto specifico di questa psicosi collettiva, occorre fare un ragionamento principalmente culturale. Noi tutti dedichiamo troppo poco tempo e di troppa bassa qualità al cibo, a come mangiamo, da capire le scelte che facciamo.»

Il vero problema è: che tipo di carne mangiamo?

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Prosegue Michele Cucchi, «Non è tanto la carne, che, leggendo bene i numeri, ha un impatto relativamente piccolo rispetto ad altri fattori, come la sedentarietà e il fumo di sigaretta. Il problema è: che tipo di carne mangiamo? Oggi la catena industriale ha stravolto la catena alimentare e, giusto per citare un paio di esempi, le mucche di cui mangiamo la carne non ruminano più ma mangiano mais, una cosa del tutto anomala, come se noi mangiassimo le foglie delle piante. I bovini che noi mangiamo raggiungono la stazza di adulto in un terzo in meno del tempo fisiologico. Questi animali sono trattati medicalmente come le persone anziane nei ricoveri in ospedale per evitare le infezioni da permanenza in luoghi pericolosi per il contagio di infezioni: le stalle (se così si possono chiamare) dove vivono, ammassate una sull’altra. 

Domandiamoci quindi, che carne mangiamo? Che ripercussione ha l’assetto ormonale di questi animali sulla nostra salute? Dobbiamo tirare fuori dalla soffitta la cultura del genuino, della produzione, che tutela la catena alimentare, e scegliere quindi il cibo in modo diverso. Dovremmo mangiare un po’ meno, evitare le abbuffate serali, che fanno sempre un po’ di gratificazione emotiva di una giornata di lavoro, ma fanno molto male alla nostra salute. Occorre grande consapevolezza e cultura, in questo modo possiamo vincere le psicosi che altrimenti ci travolgono».

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Quali alimenti è possibile consumare al posto della carne?

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Alcune delle alternative migliori al consumo di carne possono essere rappresentate dall’inserimento nella dieta quotidiana di legumi come ceci, piselli, lenticchie, fagioli e fave, che rappresentano un’ottima fonte di proteine vegetali, o di cereali integrali.