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Pubblicato inGenitori

Antibiotici e bambini, otto risposte della pediatra

Antibiotici: è di questi giorni l’allarme della Società Italiana di Neonatologia sulla sempre più frequente presenza di batteri resistenti alle terapie, che rappresenta un pericolo estremamente serio soprattutto per i piccoli pazienti. Abbiamo chiesto alla pediatra Marinella Lavelli di rispondere a otto domande su questo tema.

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1. Che cosa si intende per resistenza agli antibiotici e perché è un pericolo soprattutto per i bambini?

Ogni antibiotico ha un suo spettro di azione, vale a dire che è efficace nei confronti di determinate specie batteriche, che sono sensibili a quel dato antibiotico. Quando la terapia è inefficace, si parla di resistenza. Questo fenomeno è legato alle caratteristiche del batterio. È possibile che in determinate circostanze una specie batterica normalmente sensibile a una certa classe di antibiotici diventi resistente. Nel corso degli anni si sono selezionate specie batteriche resistenti a numerosi antibiotici, specie multiresistenti. Il pericolo della resistenza agli antibiotici, riguarda tutti, ma è maggiore per i soggetti che non hanno un sistema immunitario perfettamente efficiente, come ad esempio malati cronici e bambini molto piccoli. I neonati prematuri sono ancora più a rischio, perché più fragili e perché ricoverati in ospedale, dove i ceppi batterici multiresistenti circolano più facilmente.

2. Quali sono le cause?
La causa principale dell’insorgere di resistenze batteriche è l’uso eccessivo e scorretto degli antibiotici. La scelta dell’antibiotico da somministrare può essere guidata da esami batteriologici, ma nella pratica quotidiana si sceglie in base alla malattia, perché sappiamo quali sono i batteri più frequentemente in causa nelle diverse patologie e qual è, statisticamente, la loro sensibilità. Se la scelta è sbagliata, può capitare che non ci si accorga subito del fallimento terapeutico, vuoi per il tipo di localizzazione, vuoi perché l’efficacia era parziale e un lieve miglioramento si è verificato. Ci possono essere poi problemi legati alla dose, al modo di somministrazione e alla durata della terapia. Se il dosaggio è troppo basso o le somministrazioni sono troppo distanziate fra loro o la durata della terapia è insufficiente, i batteri hanno il tempo di organizzare le proprie difese e riprendono a moltiplicarsi immediatamente dopo la sospensione. Poiché si tratta di “sopravvissuti a un attacco in forze”, in questi casi ci troveremo di fronte a batteri che sono riusciti a “resistere”, trasformando le loro caratteristiche. Quei batteri resistenti potranno diffondersi dal paziente all’ambiente esterno e infettare altri individui.

3. Il nostro Paese è al quinto posto per utilizzo giornaliero di antibiotici dopo Grecia, Francia, Lussemburgo e Belgio. Perché questo mette l’Italia fra i paesi più a rischio di fronte alla resistenza?
Dal punto di vista statistico, oltre un certo grado di utilizzo aumentano le probabilità di uso improprio, che, come si è visto, favorisce l’insorgere di resistenze. Inoltre vale la pena di aggiungere che il nostro sistema immunitario, entro certi limiti, è in grado di difenderci dalle infezioni, senza bisogno di farmaci. Se si assumono antibiotici con troppa frequenza, questa capacità di difesa si riduce per mancanza di allenamento. Se poi, in generale, in una certa area geografica, si ricorre a terapie antibiotiche con elevata frequenza, è più probabile che in quell’area aumenti il numero di specie batteriche resistenti.

4. Perché è fondamentale che la prescrizione degli antibiotici sia strettamente regolamentata? Perché l’abuso di antibiotici può rivelarsi pericolosamente controproducente?
Personalmente credo che sia importante la corretta informazione dei pazienti e l’aggiornamento continuo da parte dei medici, più che una regolamentazione per legge. Per decidere se prescrivere gli antibiotici e per la scelta della molecola più adatta, è necessaria una diagnosi precisa. Ciò che è efficace per una bronchite potrebbe non esserlo per una sinusite o un’otite e ciò che è efficace in una certa popolazione o in un certo individuo, potrebbe non esserlo in altri ambiti o su altri individui. Una migliore cultura sanitaria a tutti i livelli credo sia l’unica strada percorribile per circoscrivere il problema.

5. Perché bisogna puntare sulla prevenzione più che sul trattamento delle infezioni?
Ovviamente perché è meglio prevenire che curare anche nel caso delle malattie infettive. Inoltre molti degli antibiotici di cui disponiamo sono utilizzati da molti anni e di conseguenza circolano ceppi batterici resistenti creatisi nel tempo. Il problema è particolarmente serio negli ospedali, dove ci sono malati che hanno difese immunitarie ridotte e circolano più facilmente ceppi batterici multi-resistenti.

6. Quale il ruolo dei pediatri?
I pediatri, i medici in generale, hanno un ruolo fondamentale sia dal punto di vista strettamente terapeutico, per le ragioni dette sopra, sia dal punto di vista dell’informazione ai genitori.

7. Quale il ruolo dei genitori?
Il ruolo dei genitori è molteplice. Prima di tutto dovranno porre particolare attenzione alle norme igieniche quando i bambini sono molto piccoli, lavarsi sempre le mani prima di accudirli, indossare una mascherina se hanno un’infezione respiratoria. Poi, in caso di malattie febbrili, sarà loro compito capire quando rivolgersi al pediatra: nelle prime ore dall’esordio dei sintomi se si tratta di un lattante o se le condizioni generali del bambino sono particolarmente compromesse. Se invece il bambino è grandicello e, dopo aver assunto il solito sciroppo a base di paracetamolo, riprende a giocare, si può tranquillamente aspettare uno o due giorni e vedere l’evoluzione. I genitori a volte sono particolarmente ansiosi di vedere il loro bambino guarire velocemente, è comprensibile, ma questo li porta a insistere con il pediatra per avere una terapia risolutiva prima possibile. Tale approccio può creare dei problemi, perché non è detto che una diagnosi corretta sia possibile nell’immediato. A volte i segni obiettivi compaiono dopo uno o due giorni o anche più tardi. Una terapia troppo precoce può essere una terapia sbagliata.

8. Antibiotici si, antibiotici no? Quando e come?
Antibiotici sì quando è realmente necessario, alle dosi corrette e per tutta la durata necessaria.